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I cattivi maestri (e allievi) amici dei Br

Dalla docente Di Cesare agli studenti di "Cambiare rotta": chi celebra la terrorista Balzerani

I cattivi maestri (e allievi) amici dei Br

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In Italia gli intellettuali andrebbero divisi in colposi e dolosi. Nel migliore dei casi parlano di cose che non conoscono, e i danni sono limitati. Altre di cose che sanno, e allora fanno disastri. Oggi la seconda categoria dà il meglio di sé commentando la morte di Barbara Balzerani, figura di primo piano delle Brigate rosse, nel gruppo di fuoco che rapì Aldo Moro e in quello che uccise l'ex sindaco di Firenze Lando Conti, mai pentita e mai dissociata dalla lotta armata. Ci sono scrittori e blogger «di lotta e di romanzo» che si sono commossi. C'è Michelangelo Ingrassia, docente di Storia contemporanea all'Università di Palermo e sindacalista, molto nostalgico («Avevo incontrato Barbara Balzerani alla Feltrinelli per la presentazione del suo libro. Una gioia intellettuale quella volta, un dispiacere oggi»). Ci sono, oltre ai pessimi maestri, i cattivi allievi, come i ragazzi del collettivo comunista «Cambiare Rotta» da cui provengono gli studenti che a Pisa si sono scontrati con la polizia («Barbara Balzerani ci ha lasciato, comunista rivoluzionaria che ha tentato l'assalto al cielo»). La peggio gioventù, ieri come oggi. E soprattutto - perché alla fine le condoglianze peggiori arrivano sempre dai migliori - c'è Donatella Di Cesare (foto) ordinario di Filosofia teoretica alla Sapienza, firma e volto intellettuale di tanti giornali e talk show, zona Fatto quotidiano Stampa - La7, la quale sui social ha inneggiato alla «compagna Luna», nome di battaglia di Barbara Balzerani, figlia sanguinaria di una stagione mitizzata più del necessario: «La tua rivoluzione è stata anche la mia, le vie diverse non cancellano le idee, con malinconia un addio». Poi la Professoressa, dimostrando un coraggio e una coerenza inferiore alla stessa brigatista, che andò fino in fondo, ha eliminato il post. Le idee non si cancellano, ma le parole meglio di sì, se poi rischi di non essere più invitata a DiMartedi.

Viene in mente quando Concita De Gregorio, Marianna Aprile e il filosofo Umberto Galimberti in una trasmissione su La7, strano - si dissero inclini a considerare più onorevoli le gesta delle Brigate Rosse rispetto ai metodi della «Bestia» di Morisi e Salvini. Certo, tra mille distinguo e sfumature. Sì sì...

Persino Massimo Cacciari, ieri, ha minimizzato i toni assolutori usati dalla collega filosofa: «La sua è stata una nota di malinconia per la mancata trasformazione che sognavamo tutti, per il cambiamento che non c'è stato». È dovuta intervenire la rettrice della Sapienza, Antonella Polimeni, per esprime «sconcerto» di fronte alle dichiarazioni della sua docente e «prendere le distanze da qualsiasi forma di vicinanza a idee che non rispettano i principi democratici espressi dalla Costituzione».

Ovviamente la professoressa Di Cesare (la quale poi in serata ha fatto un altro passo indietro: «Sono stata fraintesa: non ho mai condiviso metodi violenti») non deve temere per la sua cattedra, né per le collaborazioni giornalistiche né per le ospitate a La7. Anzi. Siamo pieni di intellettuali che negli anni '70 hanno lisciato il terrorismo rosso (ieri girava una bella foto di Erri De Luca abbracciato alla compagna Barbara Balzerani) e che oggi pontificano tra festival, tv e giornali sui valori ineliminabili della democrazia. E noi, nonostante certi uomini di cultura, continuiamo a credere che il diritto di parola sia per tutti. Un po' meno, forse, per le analisi storico giustificazioniste e psicologico-emotive. Archiviate le quali non resta che interrogarsi sulle conseguenze di un ipotetico diritto alla reciprocità. Domanda. Cosa succederebbe se alla morte di un terrorista nero o di un vecchissimo repubblichino un professore o un giornalista, da destra, scrivesse «La tua rivoluzione è stata anche la mia»? Sui media di sinistra sarebbe un ribollire dei noti, intollerabili, pericolosissimi rigurgiti fascisti...

Che la terra sia lieve.

A tutti.

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