I cattolici esultano: "Scampato pericolo". I Radicali delusi: "Occasione mancata"

I movimenti contrari al quesito: "Basta col populismo bioetico". Domani si torna in Aula

I cattolici esultano: "Scampato pericolo". I Radicali delusi: "Occasione mancata"

Esultano le associazioni pro-life per la sentenza della Consulta che ha dichiarato inammissibile il quesito referendario sull'eutanasia. E protestano invece i promotori: «È grande la delusione per l'occasione mancata per tutto il Paese», dicono dall'Associazione Coscioni. «Pericolo scampato» sussurrano al telefono le associazioni cattoliche. «Il pronunciamento è un invito ben preciso a non marginalizzare l'impegno della società, a offrire il sostegno necessario per superare o alleviare la situazione di sofferenza o disagio» commenta la presidenza della Cei.

«La Corte Costituzionale - sottolinea Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia - ha respinto con forza il populismo bioetico dei Radicali, che hanno tentato di portare l'eutanasia in Italia con un referendum sull'omicidio del consenziente che avrebbe permesso a chiunque di uccidere amici e parenti al loro minimo gesto di consenso. Siamo grati alla Corte per il coraggio con cui non si è fatta intimidire da pressioni politiche e mediatiche di ogni genere», prosegue l'Associazione.

Soddisfazione anche da Jacopo Coghe, presidente del Comitato «No all'Eutanasia Legale», che tutto il giorno è stato incollato al telefono per attendere la sentenza. «È stata sventata una deriva mortifera - dice - ma incombono ancora spinte eutanasiche che ora il Parlamento è chiamato a scongiurare. La Corte ha indicato un livello minimo di tutela della vita umana fragile inviolabile e noi riteniamo che il progetto sul suicidio assistito violi quel livello minimo, andando oltre quanto la stessa Consulta ha deciso nel caso Cappato».

«Grande soddisfazione per la dichiarazione d'inammissibilità del referendum sull'omicidio del consenziente - scrive su Twitter l'Associazione Family Day - Difendiamo i nostri Figli - siamo lieti che le parole del Papa contro la cultura dello scarto e a favore delle persone più fragili siano state accolte. È un momento di civiltà per il nostro popolo». Delusione arriva invece dai Radicali, promotori del referendum. «Attendiamo di vedere le motivazioni dell'inammissibilità - dichiara al Giornale Giulia Crivellini, Tesoriera Radicali italiani -. Ovviamente la delusione sul momento è enorme ed è quella di 1 milioni e 200 mila persone che non solo hanno sottoscritto la richiesta di un referendum, ma che si sono impegnate e mobilitate in tutta Italia per chiedere il referendum di un diritto che in Italia ancora manca. È stato un tentativo di far fare all'Italia un passo in avanti dopo le conquiste passate attraverso i tribunali di Cappato e di Welby. Tentativo al momento fermato dalla Consulta che sembra essere andata oltre l'intenzione dei promotori del quesito, che invece erano quelle di tutelare la libertà di scelta di centinaia di malati». «Il cammino verso la legalizzazione dell'eutanasia non si ferma», conferma l'Associazione Luca Coscioni, che ha promosso la consultazione. «Certamente, la cancellazione dello strumento referendario da parte della Corte costituzionale sul fine vita renderà il cammino più lungo e tortuoso - affermano - e per molte persone ciò significherà un carico aggiuntivo di sofferenza e violenza. Ma la strada è segnata». Maria Antonietta Farina Coscioni, presidente dell'Istituto Luca Coscioni aggiunge: «Occorrerà leggere con attenzione la sentenza: al momento si può dire che nei giorni scorsi molti giuristi avevano avvertito che probabilmente il referendum relativo all'abrogazione parziale dell'articolo 579 del codice penale sarebbe stato dichiarato inammissibile. In generale è la conferma che su questi temi occorre procedere con massima attenzione, prudenza e cautela, fatte salve le intenzioni dei promotori dell'iniziativa». «Una stilettata al cuore - commenta a caldo Mina Welby -. Sono senza parole e molto triste. Sto pensando a cosa poter fare, vorrei portare avanti l'eredità di mio marito perché era lui che voleva una buona legge sul fine vita. Ora voglio far pressione sui parlamentari perché la legge su cui stanno lavorando diventi una buona legge, che includa tutte le persone che ne avranno bisogno».

Ora la questione si sposta in Aula. «Dalla Camera - conclude Jacopo Coghe, di Pro Vita & Famiglia - ci aspettiamo una risposta importante che investa sulle cure palliative e aiuti i sofferenti a vivere con dignità, e non a farsi ammazzare».

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