Politica

"I dem vendono i seggi. E Renzi si è preso la Rai per controllare il Paese"

Il senatore ex Pd: "Il premier tiene in pugno Viale Mazzini. Quando il partito mi chiese 25mila euro per un posto in lista"

"I dem vendono i seggi. E Renzi si è preso la Rai per controllare il Paese"

Le primarie Pd? «Inutili, una finzione, la gente ha capito che il Pd è il Partito di Renzi». Il premier? «Un ragazzo con delle fragilità, senza una visione politica al di là della battaglia del momento, più bravo in un dibattito pubblico che in un colloquio diretto». La Rai? «Parlare di una lottizzazione renziana perché ha messo un direttore generale di sua fiducia è riduttivo. Il progetto di Renzi sull'informazione tv è molto più vasto» spiega Corradino Mineo, ex direttore Rai ed ex senatore Pd ora al Misto dopo la rottura (anche personale, con scambio di cortesie reciproche) con il premier. «A quanto mi risulta, Renzi non alza il telefono per chiamare questo o quel direttore Rai. Anzi, so di direttori che avrebbero tanto voluto parlare con Renzi, che lo hanno cercato più volte».

Ma niente, lui non si fa trovare.

«Non gli interessa, non ne ha bisogno. Ma sa perché?».

Dica.

«Perché Renzi controlla la Rai in modo molto più profondo, controllando le risorse finanziarie della tv di Stato. Con la pubblicità che cala e costi enormi di Viale Mazzini, la Rai si tiene in piedi con il finanziamento pubblico. E Palazzo Chigi può decidere di darne di più o di meno, di abbassare il canone Rai se questo conviene politicamente, di modulare le risorse della tv pubblica. Di fronte a questo potere, il fatto che Campo Dall'orto sia renziano e la Maggioni non so bene cosa mi pare secondario. Ma il potere va oltre. Per questo dico che la legge sulla Rai è geniale».

Geniale?

«Sì perché in realtà riguarda tutto il settore, e mette il governo in condizione di esser il deus ex machina nella riorganizzazione dell'intero sistema tv, pubblico e privato. E quindi a Renzi di andare a discutere con gli editori in posizione di forza, perché può indicare le norme ed entrare a piedi uniti sul loro business. È questo è un potere molto più grande rispetto a quello di indicare un direttore di tg».

Quindi la Rai, legata a doppio filo al governo, come strumento di potere del premier.

«Per questo penso che l'idea della vecchia lottizzazione sia fuori luogo, qui siamo ad un salto di qualità. Poi è chiaro, senza che lui dia ordini al telefono, il messaggio che Renzi vuole che arrivi agli italiani dalla tv: ottimismo, fiducia nel governo che risolve i problemi, il Paese che riparte. Vuole un'omologazione ottimista dell'informazione».

E i gufi, fuori. Per questo lei se n'è andato dal Pd?

«All'inizio, pur non condividendolo, apprezzavo la grinta e la capacità di innovazione di Renzi».

Poi però disse che era «subalterno ad una bella donna». La Boschi.

«Non c'era alcuna allusione sessuale alla Boschi. Voglio dire che Renzi è uno molto bravo ma ha delle fragilità, non ha una visione, si concentra solo sulla battaglia politica del momento. E nel governo ci sono altre personalità capaci di dargli filo da torcere. Questo volevo dire, il sesso lo avete voluto vedere voi».

Ma è vero che il Pd le ha chiesto 25mila euro per candidarla in «posizione utile» in lista?

«È successo che mentre io pagavo volentieri i 1.500 euro mensili alla Direzione nazionale Pd, come volentieri avevo contribuito alla campagna elettorale, mi arriva una lettera della tesoriera siciliana del Pd, la deputata Teresa Piccione, dove si dice che siccome ero stato messo in «posizione utile in lista» dovevo versare 25mila euro. Risposi subito di far sparire quella lettera perché è una vergogna mettere in vendita il seggio, anche perché erano stati loro a cercarmi e a chiedermi di candidarmi».

Meno male che c'è la sinistra anti-renziana.

«C'è uno sforzo da parte di alcuni di noi, Fassina è un'ottima persona, ma bisogna ammetterlo: non c'è ancora un'identità politica a sinistra oltre Renzi».

Commenti