Politica

I doppiogiochisti Pd pronti a diventare la sesta stella del M5s

La fronda anti Renzi per ora resta minoranza ma l'idea del "dialogo" inizia a trovare tifosi

I doppiogiochisti Pd pronti a diventare la sesta stella del M5s

Il Nazareno espugnato è un rudere più che mai esposto alle «code» dello tsunami, ondate a grappolo o rovesci improvvisi che siano. Si giocheranno perciò sulla tenuta dei nervi, le due settimane che separano dall'insediamento delle Camere. Tattiche e strategie sul futuro del Pd s'incroceranno inevitabilmente con nuovi assetti politici del Paese. E la fretta di smetterla con le «rivendicazioni» per cominciare con una «nuova stagione di governo» arriva persino da Confindustria: appello che sembra diretto al dimissionario Renzi, e ai colonnelli che si dilaniano in una sterile guerra di cecchinaggio attorno al bunker fumante.

Chi vuole appoggiare esternamente un governo con i grillini? La sfida posta da Renzi trova così diversi livelli di opposizione. «Proprio Renzi parla di caminetti e inciuci? Non è stato altro che il suo modus operandi...», attacca Giuseppe Antoci, superfedele del governatore pugliese Michele Emiliano. Il quale non si tira certo indietro: d'altronde era la sua linea politica anche alle primarie. «Il Paese non può attendere, sarebbe grave come l'Aventino che aprì le porte al fascismo - dice Emiliano al Fatto quotidiano -, si deve sapere subito che il Pd sosterrà lo sforzo di governo del M5s, augurandoci che Mattarella, incoraggiato da una disponibilità da parte nostra, possa pensare che sia M5s ad avere le maggiori probabilità di comporre un governo». Emiliano pensa a un Ulivo 4.0 che, «assieme ai grillini, costruisca la rivoluzione italiana»: anche, perché, dice, «ci sono coincidenze programmatiche rilevanti».

Ma è su questo secondo livello di scontro, aperto fino all'«ingenuità», che nella direzione pidina di lunedì prossimo presumibilmente Emiliano finirà ancora una volta in minoranza, circondato dall'ipocrita «cordone sanitario» di renziani e doppiogiochisti pronti a diventare la «sesta stella» di Grillo. La partita è destinata ad avere un periodo di «decantazione» nel quale, come osservava ieri anche il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, parlando della Germania, «la politica alla fine si compatta». Quello della grande coalizione «è un messaggio forte - diceva -: l'auspicio è che anche in Italia si entri nei fatti e si costruisca una stagione importante di governo». Per il leader degli industriali, «i Cinquestelle sono un partito democratico e non fanno paura»: bisognerà capire nel concreto «che cos'hanno veramente in mente», in particolare per valutare l'impatto di un reddito di cittadinanza. Alcuni provvedimenti, invece, tipo Jobs Act o piano Industria 4.0 «non vanno smontati». Ma se Confindustria apre una porta, non significa che sia al Quirinale, sia al quartier generale grillino non si pensi di aprirne altre. Di Maio non vede l'ora che il Pd venga «derenzizzato» e il dialogo possa partire, magari approfittando dei buoni rapporti tra l'ex ministro Martina e una sua funzionaria all'Agricoltura, Alessandra Pesce, ora candidata grillina a quel dicastero. Lo sdoganamento trova ulteriori punti nella traiettoria di Chiamparino, che sul dialogo con M5s è assai pragmatico: «Nessun tabù, io in Piemonte con la Appendino ce l'ho quotidianamente». Presto per dire (o fare) altro. Se il tremebondo Franceschini arretra, sospettato da Renzi di poter costituire con Gentiloni una possibile «sponda» del Quirinale («Mai pensato a un governo con M5s!»), molte delle dinamiche saranno attivate nella partita sui presidenti delle Camere.

Dove il cossighiano Zanda si dice abbia parecchie frecce al proprio arco.

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