I fallimenti di Napolitano

Da Fini a Monti, passando per Enrico Letta e Alfano, re Giorgio ha fatto solo danni

I fallimenti di Napolitano

Giorgio Napolitano non conferma né smentisce sue imminenti dimissioni, il che equivale - nei codici della politica - a una conferma piena. Sono quindi gli ultimi giorni di una presidenza lunga, assai discussa e sicuramente discutibile. Da oggi in avanti nei suoi confronti sarà tutto un fiorire di elogi e di «ci spiace» perché l'ipocrisia sta alla politica come il pane alla tavola imbandita: non se ne può fare a meno. Noi non ci uniamo al coro dei «rammaricati» perché consideriamo Napolitano uno dei peggiori presidenti della Repubblica con una faziosità forse seconda solo a quella di Oscar Luigi Scalfaro. Del resto ci sarà un motivo se Forza Italia si rifiutò - cosa rara - di non votarlo alla sua prima elezione (la seconda non fa testo tanto era confuso e drammatico il quadro politico). Napolitano ha ricambiato la cortesia facendo di tutto e di più per ostacolare i governi di centrodestra, sia con atti ufficiali (interferenze pesanti nei progetti legislativi) che dietro le quinte.

Testimoni raccontano di come fu lui ad aizzare Fini contro Berlusconi promettendo al primo il posto di premier che era del secondo. Fallita per un soffio l'operazione ribaltone, Napolitano - come si racconta nel libro di Friedman - avviò consultazioni clandestine con banchieri (Bazoli e Passera) e finanzieri (De Benedetti) per preparare il colpo di stato del governo tecnico poi affidato a Monti. E c'è ancora lui dietro la scissione di Alfano che fu indispensabile per sorreggere il governo di Enrico Letta.

Tre fallimenti (Fini, Monti e Letta-Alfano) che portano la firma di Napolitano ma che soprattutto hanno portato il paese vicino alla rovina. L'uomo è andato ben oltre i suoi compiti e i limiti stabiliti dalla costituzione e - cosa non secondaria - ha lasciato che i magistrati si avventassero come belve contro Silvio Berlusconi, premier in carica nonché leader del partito di maggioranza relativa.

Da buon comunista, il presidente ha dato una bella mano alla sinistra per azzoppare Berlusconi. E quando ce l'aveva quasi fatta ecco che arriva Renzi a scombussolare tutto. Perché Renzi è di sinistra, ma non come la intende lui.

Del ragazzo non si fida, se non fosse presidente sarebbe stato il primo della lista dei rottamati. La sua popolarità è ai minimi storici, meglio ritirarsi, prima che qualcuno gli chieda di accomodarsi alla porta. Nessun rimpianto, di danni ne ha fatti abbastanza.

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