Politica

I fari dei pm sui bilanci dell'imprenditore

Si indaga sulle carte sequestrate ad Arata. I pizzini nel paniere di Nicastri

I fari dei pm sui bilanci dell'imprenditore

Roma Tramontati i fastosi tempi del contratto di governo, eccoci arrivati già in dirittura per il «contratto di divorzio». Si preparano le carte, diciamo, mentre i magistrati della Dda passano al setaccio le migliaia e migliaia di pagine e file sequestrati all'imprenditore e consulente leghista Paolo Arata.

Trenta(mila) denari: a sembrare finora «incredibile» è la stessa cifra pattuita perché il sottosegretario Siri «asservisse l'esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri a interessi privati». Per gli inquirenti, Siri (nel tondo) era la chiave di Arata per arrivare ai luoghi del potere, eppure, stando ai fatti, la norma che più interessava all'imprenditore non venne mai approvata, come gli stessi accusatori grillini hanno rivendicato. «Siri cercò di introdurre alcune misure diciamo un po' controverse... quando arrivarono sui nostri tavoli ci sembrarono strane e le bloccammo», dice Di Maio. Ma se non sono passate, quale fosse l'influenza esercitata da Siri sulla politica del governo resta un mistero, almeno per ora. Arata, che ha chiesto di essere sentito dai pm e probabilmente lo sarà dopo Pasqua, potrebbe aiutare a chiarirlo. Nel frattempo, però, da alcune intercettazioni al vaglio della Procura di Palermo emerge che Arata è socio di Vito Nicastri che, sebbene ai domiciliari in quanto sospettato di essere imprenditore-ombra del superboss Matteo Messina Denaro, continua a gestire i suoi affari. Arata il 12 settembre scorso dice, rivolgendosi a una giovane avvocato: «....Qui stiamo parlando in camera caritatis. Io sono socio di Nicastri al 50%...». Qualche mese prima invece Arata si «sfoga» con Manlio, figlio di Nicastri: « Papà mi ha fatto scrivere una carta che la società è sua alla metà per cento... ». Nicastri, tramite il figlio Manlio, da casa parla al telefono per «sbrogliare» i suoi affari e, in alcuni casi, lo fa «direttamente» dal balcone. In almeno due occasioni, il 5 e il 28 agosto scorsi, fotografa Nicastri che discute, dal balcone con suo figlio Manlio e Francesco Paolo Arata, figlio di Franco. In alcuni casi ci sarebbe stato anche un passaggio di carte e documenti che viaggiavano attraverso un paniere che veniva calato all'occorrenza, come nelle migliori tradizioni del nostro Sud. Paniere che è stato rinvenuto ieri nel corso della perquisizione effettuata dalla Dia nella casa alcamese di Nicastri.

Quali possano essere i legami con Siri e se quest'ultimo fosse a conoscenza, almeno in parte, di questi traffici sarà materia tutta da dimostrare. In un'intervista il sottosegretario si è discolpato sostenendo di non aver preso «un soldo da nessuno» e che di emendamenti ne riceveva «anche 800 e neppure li guardavo, li passavo agli uffici, al legislativo: le metti lì e qualcuno ci penserà. Ma io non ho mai telefonato a nessuno per caldeggiare niente». Sentendosi «usato da M5s come carne da macello», Siri dice di Arata: «Pensavo fosse uno specchiato docente... Cosa ne so io se questo è un faccendiere? Che ne so se dietro c'è la mafia? Arata mi ha stressato, mi chiamava continuamente. Ma tutti ti chiamano...». Sulla sua dirittura morale, difesa da Salvini, il presidente dell'Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone, nutre invece molti dubbi. «Per me uno che patteggia una bancarotta (Siri lo ha fatto, ndr) è colpevole di bancarotta.

Poi io ritengo che sia un reato grave, evidentemente il ministro Salvini la pensa diversamente».

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