I grillini si accorgono solo ora della norma che usavano per non pagare i dipendenti

«Lo stipendio dei parlamentari sia pignorabile». Ma un 5 stelle se ne avvalse

I grillini si accorgono solo ora della norma che usavano per non pagare i dipendenti

Roma Una grande vittoria contro la Casta. Potenzialmente un problema per i parlamentari M5s che hanno già usufruito di questo vantaggio, residuo della Prima Repubblica.

Ieri la vicepresidente della Camera Maria Edera Spadoni, esponente del M5s ha presentato una proposta di legge che darà il via libera ai pignoramenti delle indennità dei parlamentari. Quindi degli stipendi dei deputati. I creditori dei parlamentari potranno chiedere alla giustizia di trattenere una parte dell'assegno mensile degli eletti. Secondo la normativa vigente non è possibile.

«Dopo il taglio dei vitalizi e delle pensioni d'oro, stiamo portando avanti un altro importante provvedimento volto ad abbattere i vecchi privilegi della classe politica», ha commentato l'esponente pentastellata.

Il privilegio dei parlamentari risale a una «leggina» del 1965 e «ad oggi lo stipendio dei parlamentari risulta infatti intoccabile, alla faccia dell'equità sociale e dell'uguaglianza tra i cittadini. Un privilegio assurdo, medievale e fuori dalla realtà che non fa altro che aumentare la profonda distanza tra le persone e la classe politica». Ora cambia tutto. «Noi del Movimento 5 Stelle vogliamo esattamente il contrario e con questa proposta di legge dimostreremo una volta di più che il vento sta finalmente cambiando».

Peccato che quel privilegio nato durante un governo Moro, preceduto da un esecutivo Rumor e al quale ne sarebbe seguito uno Andreotti, sia stato utilizzato da un ex deputato del movimento di Spadoni.

A fare emergere questa stranezza del regime di cui godono i parlamentari era stato proprio il caso di un collaboratore di un eletto M5s, Lorenzo Andraghetti. Lo aveva spiegato lui stesso in un post pubblicato sul sito Lettera 43. In sintesi nel 2015 Paolo Bernini del Movimento 5 stelle era stato condannato dal Tribunale di Roma a risarcire il suo ex collaboratore Andraghetti per 70 mila euro perché il suo licenziamento è stato giudicato illegittimo. Dopo vari tentativi per incassare la somma tramite pignoramento, raccontò Andraghetti, «la Camera dei deputati ci ha comunicato che, grazie a una legge del 1965, lo stipendio dei parlamentari è impignorabile (sono invece pignorabili alcuni rimborsi spese). Ai comuni cittadini che contraggono un debito viene pignorato un quinto dello stipendio (se non pagano spontaneamente), ma per i ricchi parlamentari queste regole non valgono».

Prima dello stop di Montecitorio, l'ex portaborse ebbe difficoltà anche di altro tipo. Ad esempio il conto corrente dal quale avrebbe voluto prelevare la somma dovuta era stato svuotato e gli stipendi del deputato non venivano più accreditati lì.

Alle ultime elezioni Bernini non è stato messo in lista. Andraghetti commentò: «Dopo aver appreso che non è entrato nelle liste della Camera ho capito che non vedrò mai i circa 70mila euro che mi deve per aver perso la causa di lavoro contro il sottoscritto».

Già allora l'ex collaboratore del M5s scovò

una proposta di legge al Senato che chiedeva l'abolizione della impignorabilità. Con la nuova legislatura, l'attacco al privilegio approda a Montecitorio e se ne fa carico la giovane vice presidente della Camera Spadoni.

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