I leader con gli Usa: «Serviva un segnale»

L'appoggio dall'Ue all'Arabia Saudita. Erdogan: «Ora una no fly zone»

È la notte che sovverte gli equilibri e ridisegna lo scacchiere internazionale. Sono le ore in cui l'assetto della diplomazia mondiale si sposta con la traiettoria di un'inversione a «U». Il giorno dell'attacco Usa alla base siriana di Al Shayrat in risposta alle armi chimiche che martedì mattina hanno ucciso 80 civili a Khan Sheikhoun, rompe il solido asse antitrumpiano che finora aveva circondato l'inquilino della Casa Bianca. Che dopo aver chiesto al mondo di «stare con gli Usa» ieri incassava il sostegno aperto ma prudente dei leader Ue («comprensione» da Gentiloni, Merkel e Hollande) e della Cina, e quello più deciso della Turchia, dell'Arabia Saudita e di Israele. La stessa mossa che conquista il consenso bipartisan dei capi di Stato «provoca danni alle relazioni» con la Russia di Putin, con cui si schiera invece il baricentro dei populisti (da Le Pen a Salvini), e di fatto congela l'avvio di una nuova era di amicizia tra i due Paesi. Mentre sale la tensione con Mosca, che ha annunciato la sospensione «del memorandum firmato con gli Stati Uniti per evitare incidenti e garantire la sicurezza dei voli durante le operazioni (militari) in Siria», Ankara rilancia la necessità di creare una no fly-zone e zone sicure. Per il presidente Recep Tayyip Erdogan, che solo 48 ore prima aveva invitato Trump a passare «dalle parole ai fatti» di fronte alla strage di civili, l'azione Usa è un «passo positivo ma non è ancora abbastanza, servono provvedimenti contro la barbarie di Assad».

L'assenso di François Hollande e della cancelliera tedesca Angela Merkel, condito dall'appello a una «soluzione» del conflitto sotto l'ombrello Onu, arriva in una nota congiunta dei due leader («Assad porta l'intera responsabilità di questo sviluppo. Il suo ricorso continuo alle armi chimiche e ai crimini di massa non possono in effetti restare impuniti»). Ed è puntellata dalle posizioni più soft del presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker che dice di «comprendere» la reazione statunitense: «L'utilizzo delle armi chimiche richiedeva una risposta. Gli Usa informato l'Ue che questi attacchi sono limitati e puntano a scoraggiare ulteriori atrocità».

C'è l'Alto rappresentante della politica estera di Bruxelles Federica Mogherini a ricordare che non «c'è soluzione militare al conflitto», ma quello lanciato dalla Casa Bianca è un «messaggio forte e chiaro» per il premier israeliano Netanyahu («siamo con gli Usa»). Sottoscritto anche dall'Arabia Saudita, che certifica a Trump il suo «pieno appoggio», mentre il Giappone di Shinzo Abe ne elogia la «risolutezza».

Alla condanna di Putin e dello stesso Bashar Al Assad si aggiunge quella dell'Iran, alleato di Damasco e Mosca nella lotta all'Isis sul terreno siriano.

L'azione di Trump viene censurata come «pericolosa e distruttiva, una violazione dei principi del diritto internazionale che rafforza i gruppi terroristici» nelle parole del ministro degli Esteri iraniano, Bahram Qasemi.

LoBu

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