Roma- Matteo Salvini non è certo uomo poco avvezzo ai comizi e alle adunate pubbliche. La prova di maturità di Piazza del Popolo, però, non lo lascia indifferente. Misurarsi con la sua gente in pieno dicembre, a Roma, e soprattutto con una Lega di governo e non di opposizione è un test impegnativo anche per chi come lui ha il vento in poppa e può divertirsi a leggere i sondaggi.
«Ma una piazza così l'avete mai vista?» chiede il leader della Lega dal palco, citando Martin Luther King, poi Alcide De Gasperi e infine Papa Giovanni Paolo II per due volte. Il «Salvini day» romano si sviluppa su un registro pacato. Il ministro dell'Interno porta con sé la figlia Mirta e la prende in braccio alla fine del suo intervento, si lancia tra i simpatizzanti e stringe mani. C'è anche una ragazza che ha portato con sé un ritratto del leader politico e lo mostra ai fotografi, così come c'è chi gli regala una bandiera della Russia zarista.
La piazza è colma - gli organizzatori parlano di 80mila persone - i militanti sono arrivati viaggiando di notte da tutta Italia, dalla Valle d'Aosta alla Sicilia, fino alla Calabria che fa partire cori con il nome della propria regione. Il «blu» nazionale è il colore predominante, ma ci sono anche tanti tricolori, il sole delle Alpi (simbolo della vecchia Lega), le identità regionali, i mori sardi o la trischele siciliana, bandiere della Grecia e della Catalogna.
Salvini ringrazia il sole di Roma - sul palco gli basta un maglioncino carta da zucchero - mentre il ministro Giulia Bongiorno - «Roma è bellissima, forse meriterebbe molto di più» - lancia una stoccata a Virginia Raggi. Canti di Natale e video contro la Fornero accolgono i militanti. Ma la strage di Ancona rende più dimessi i toni e Salvini chiede di rispettare un minuto di silenzio.
Un nutrito gruppo di parlamentari del Carroccio si è allontanato da Montecitorio, dove è in corso il voto sulla manovra, per raggiungere la piazza improvvisando un corteo dietro lo striscione «La pacchia è finita». Alcuni di loro si godono lo spettacolo tra i militanti. Il «Nessun dorma», tratto dalla Turandot di Giacomo Puccini, precede e chiude il discorso del vicepremier. Ma ci sono anche i brani di Vasco Rossi (Un mondo migliore), Rino Gaetano (Ma il cielo è sempre più blu) ed Edoardo Bennato (L'isola che non c'è). Spazio anche ai Lunapop (Un giorno migliore) e Povia (I bambini fanno oh). Salvini chiude chiamando attorno a sé i sindaci della Lega: insieme alla nazionale italiana cuochi. Alla fine, quando la piazza del Valadier si svuota restano una ventina di volontari, coordinati da Fabrizio Santori, incaricati di pulire.
C'è il Papa in Centro per la Festa dell'Immacolata e l'ordine di servizio è semplice: «Lasciare la piazza come è stata trovata». Un modo per lanciare un messaggio verso la Capitale, nuovo oggetto del desiderio delle mire politiche leghiste.
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