I migranti che sono stati respinti in Libia nel tentativo di raggiungere l'Italia ora hanno diritto a richiedere la protezione internazionale nel nostro Paese e al risarcimento del danno subito. È una sentenza «storica», dice l'Asgi - l'Associazione studi giuridici per l'immigrazione - quella depositata pochi giorni fa dalla prima sezione del tribunale civile di Roma.
Potranno così entrare in territorio italiano e presentare domanda di asilo 14 cittadini eritrei che erano stati respinti in Libia il primo luglio 2009 dalla Marina militare italiana. Erano a bordo di un barcone con 89 persone partito dalla Libia e intercettato da una nave della Marina. I migranti furono riportati indietro e l'allora il ministro dell'Interno Roberto Maroni parlò di «svolta storica contro i clandestini».
Per questi respingimenti collettivi verso la Libia l'Italia era già stata condannata nel 2012 dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, per aver violato la Convenzione sui diritti umani sui trattamenti degradanti e la tortura. Per la Corte l'Italia, rimandandoli in Libia, violò il divieto alle espulsioni collettive. Ed è con quella condanna che le vittime hanno anche ottenuto il diritto a fare ricorso presso i tribunali italiani. Ecco perché nel 2016 per conto dei 14 eritrei respinti Asgi e Amnesty international Italia hanno presentato le istanze di risarcimento al tribunale civile di Roma, che tre giorni fa ha emesso la sentenza. Una decisione «che riguarda quanto avvenne tra il 2009 e il 2010 quando, a seguito della conclusione dell'Accordo con la Libia, l'Italia ha effettuato numerosi respingimenti - fanno sapere dall'Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione - Tale prassi era stata ritenuta illegittima già dalla Corte europea per i diritti umani ma, nonostante la condanna all'Italia in una precedente sentenza, molti richiedenti asilo sono rimasti in attesa del giusto risarcimento e, soprattutto, senza la possibilità di accedere a una forma di protezione». Ma il verdetto, secondo gli avvocati dell'Associazione, ha portata ben più ampia dei singoli casi trattati. Apre a prospettive dirompenti anche su tutti i respingimenti dei migranti, sia via mare che via terra, e soprattutto su quelli fatti dalle autorità libiche sulla base del memorandum di intesa con l'Italia: «È evidente - si legge in una nota dei legali - la rilevanza e l'attualità della decisione e la sua potenziale ricaduta anche in termini numerici su tutti coloro a cui sia impedito nel proprio paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione e che, nel tentativo di entrare nel territorio dello stato per fare richiesta di asilo politico, sono quotidianamente respinti attraverso prassi illegittime dell'autorità italiana nelle zone di confine terrestri e marittime e di transito nei porti e negli aeroporti».
Non solo. «La decisione apre uno scenario estremamente interessante in relazione alle politiche di esternalizzazione della frontiera e di gestione della rotta mediterranea attuata attraverso la collaborazione con le autorità libiche. È evidente, infine, che ove fosse accertata una responsabilità delle autorità italiane nell'attuazione dell'insieme di misure che ha trasformato i respingimenti in una progressiva delega alla Libia per il blocco dei migranti migliaia di persone potrebbero essere interessate dai principi contenuti nella sentenza».
La lega lancia l'allarme: «Le sentenze non si commentano ma si accettano, ma credo sia opportuno riflettere sulle ricadute pratiche della pronuncia del tribunale civile di Roma per cui respingere gli immigrati clandestini rimandandoli in uno Stato come la Libia rappresenta una violazione dei diritti umani»,
dice Roberto Calderoli, vice presidente del Senato. «Di fatto - avverte - una sentenza che rappresenta un precedente pericoloso e inquietante e rischia di essere l'apri pista per l'arrivo di decine di migliaia di immigrati».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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