I social network portano (davvero) voti?

Quanto, come e dove si informano, e discutono, i cittadini-elettori? Ecco la ricerca che spiega la passione e la disaffezione verso la politica italiana

I social network portano (davvero) voti?

Si è sempre detto che gli italiani sono un popolo di allenatori, perché al bancone del bar o al lunedì mattina a lavoro non manca mai un commento sul risultato della propria squadra del cuore, con tanto di rimprovero – se il weekend è stato calcisticamente negativo – all'arbitro venduto (per non dire "cornuto") o all'allenatore incapace. Ecco, negli ultimi anni però gli italiani si sono forse trasformati in tanti piccoli politici, visto quanto discutano (e litighino) di politica sui social network, quotidianamente. Le bacheche di Facebook e Twitter ne sono il più fulgido esempio.

Ogni giorno, centinaia di migliaia e forse addirittura milioni di cittadini-utenti dicono la loro, commentando i fatti e i personaggi della politica tricolore, fatta sempre più di tweet e dirette Facebook. I social network, infatti, hanno modificato – non poco – la partecipazione politica dell’italiano medio, oltre che il ruolo e il linguaggio del politico 2.0.

Però c'è un però: nonostante oggi abbiamo i social e un'enorme mole di informazione, a volte anche distorta, alla fine a votare ci andiamo sempre meno: dov'è che il meccanismo si inceppa? Nel 1976 votava il 93% degli aventi diritto, un numero elevatissimo. Era intorno all'86% nel 1994, l'81% nel 2001 e l'84% nel 2006: percentuali altissime. Ecco, alle Politiche del 2018 ha votato il 73% e alle Europee del 2019 appena il 55%. E allora uno si domanda se il parlare sui social sia tutto fine a se stesso.

Il dubbio viene eccome e Piero Tatafiore, giornalista di Italia in Movimento, dà un'interessante chiave di lettura: "I social in Italia non portano tanto i voti, ma aiutano la mobilitazione, ma il voto è un’altra cosa. Il re dei social è Matteo Salvini ma in Umbria ha coperto quasi centocomuni, il Pd ne ha coperti una ventina: la presenza fisica è fondamentale, oltre all’uso dei social…".

E poi c'è un altro problema: si vota troppo e le modalità di voto sono rimaste quelle analogiche, il che non agevola affatto la partecipazione. "Oggi gli strumenti di partecipazione reale al voto vanno rivisti: la numerosità delle elezioni non agevola, sui media c'è una campagna costante e così viene meno l'eccezionalità che porta alla mobilitazione. Ormai andiamo al voto mediaticamente tante volte in un anno: le regionali del 2018, quelle del 2019…le Politiche del 4 marzo 2018 sembrano una vita fa! Pensare a un Election Day, portando le regioni al voto tutte nello stesso periodo, aiuterebbe non poco a vincere la disaffezione ormai dilagante", continua Tatafiore, che pone l'accanto anche su fattore analogico: "Oggi noi lavoriamo da remoto, siamo uffici ambulanti, ma le modalità di voto sono rimaste quelle di secoli fa, con matita e foglio di carta…è assurdo vista la tecnologia di cui siamo dotati! E nessuno, su questo versante, tiene in considerazioni le difficoltà ovvie di chi vive per lavoro fuori sede: la sfida da raccogliere e vincere è quella di istituire dei centri di raccolta per il voto o, ancora meglio, rendere sicuro il voto elettronico. D'altronde dal nostro telefonico accediamo al conto corrente".

Ecco allora che cè chi, come 'associazione L'Italia in Movimento, si è chiesta come i nuovi strumenti abbiano modificato il coinvolgimento della popolazione. È diventata più approfondita o si è fatta invece più superficiale? Con il supporto di Gpf Inspiring Research, su un campione di mille individui, l'associazione si è dunque posta l’obiettivo di verificare il livello e il desiderio di partecipazione verso la politica, chiedendosi quali siano gli eventuali ostacoli e i catalizzatori. E domandandosi se il rapporto con i social dia come frutto una partecipazione vera o finta.

I numeri del sondaggio

"Quanto si sente vicino ai temi della politica?". Bene, appena il 26,4% dei soggetti interpellati risponde "Tanto", il 38,4% "mediamente" e il 35,5% "poco". Il 25,5%, invece, si considera competente e ben informato in materia di politica, il 43% lo è "mediamente" e il 31,5% lo è "poco". Venendo invece al nodo della maggior percezione-minor partecipazione, rispetto a uno o due lustri fa, il 54,3% degli italiani giudica aumentato il proprio livello di attenzione/partecipazione alla politica. Per il 45,7%, invece, è diminuito. E questo è un dato che si muove nel solco della disaffezione verso la politica. Scavando nel 45,7% che si è allontanato, eccone i motivi: inconcludenza ella classe politica (39,1%), lontananza della politica dai reali bisogni dei cittadini (26,4%), mancanza di onestà da parte della classe dirigente (20,9%), perseguimento di interessi personali da parte dei politici (8,3%), incomprensibilità di quello che viene fatto e deciso (5,4%). Campanelli d’allarme a cui chi frequenta i palazzi romani dovrebbe tendere l’orecchio e prestare attenzione.

"Oggi si vota anche meno per l’inconcludenza della politica: 'Non incidi perché non decidi' e allora io non (ti) voto…'", chiosa Piero Tatafiore.

(Infografiche a cura di Alberto Bellotto)

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