Coronavirus

I video dei medici in trincea: "Lo capite? Non c'è più posto"

Rimandate le chemio più lievi, intoppi nel sistema dei tamponi. Aumenta il rischio degli ospedali detonatori

I video dei medici in trincea: "Lo capite? Non c'è più posto"

I letti sono ammassati anche nei corridoi e, quando l'ossigeno non basta, si allungano i tubi del reparto fino all'erogatore del padiglione più vicino per darne a tutti. La trincea coronavirus racconta di posti che non bastano, di infermieri stremati che dormono una manciata di minuti con la testa appoggiata sulla scrivania, di anestesisti che devono scegliere chi intubare e chi no. Come in guerra.

E qualche medico, nei pochi minuti di pausa, si rifugia in un angolino di quiete, gira filmati con il telefonino e li mette in rete: «Non avete idea di cosa stia accadendo qui - lancia appelli alla gente che sembra pensare solo a come eludere i divieti - Vi preghiamo di aiutarci. E il solo modo per farlo è stare a casa vostra e spezzare la catena del contagio. Limitate gli accessi in ospedale, non riusciamo a curare tutti».

IL RINVIO DELLE CHEMIO

Nei giorni scorsi sono state sospese le visite ambulatoriali e le operazioni chirurgiche programmabili. Ora anche l'oncologia è costretta ad adattarsi al momento di emergenza. «È meglio rinviare i trattamenti di chemioterapia in ospedale e le visite programmate di controllo» chiede l'associazione degli oncologi Aiom. Ovviamente si valuterà caso per caso e si sospenderà la seduta solo quando possibile ma è bene che i pazienti oncologici stiano il più possibile alla larga dagli ospedali. «Potrebbe essere necessario anche differire parte dell'attività programmata per i pazienti oncologici - spiega il presidente Aiom Giordano Beretta - Siamo in tempi di grande e imprevista emergenza e tutta la nazione è chiamata ad una prova impegnativa».

OSPEDALI DETONATORI

Gli ospedali sono dei «detonatori dell'epidemia». Per questo servono «più punti di accesso al tampone, al momento insufficienti». A chiedere una diagnosi precoce per fermare il virus è Massimo Andreoni, direttore scientifico della società italiana di malattie infettive e tropicali Simit che preme anche per l'isolamento a domicilio di tutti gli infetti che non hanno bisogno di ospedalizzazione.

LUSSO TAMPONI

Ogni giorno aumentano i sanitari e i medici contagiati e, loro malgrado, rischiano di «diventare importanti soggetti di diffusione dell'infezione». Per questo Paola Pedrini, segretario della Federazione italiana medici di medicina generale della Lombardia, chiede di rafforzare la distribuzione di materiale anti contagio e mascherine. Ai medici di medicina interna e a quelli del territorio. Ieri anche Livio Frigoli, direttore generale della residenza per anziani Sant'Erasmo a Legnano (Milano), ha lanciato l'allarme diagnosi: «Dopo un caso positivo tra il personale e alcuni decessi tra i pazienti, abbiamo chiesto i tamponi ma ci mancano gli interlocutori». E più si aspetta a diagnosticare un caso positivo, più medici e infermieri potrebbero essere vettori inconsapevoli del virus.

VENTILATORI AL LIMITE

«Siamo in una situazione in cui i supporti ventilatori sono ormai al limite spiega Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto Superiore di Sanità - e se non riusciamo a rallentare la circolazione del virus questi supporti potrebbero essere insufficienti e si potrebbe dover adottare il documento dei colleghi». Gli appelli agli irresponsabili continuano. Sono loro, quelli che continuano a organizzare feste e aperitivi, la vera chiave per fermare questa catena infinita di contagi. «Se continuiamo a comportarci come se nulla fosse, che lo facciamo a Milano o lo facciamo in un'altra città del centro o del Sud Italia, non è che il virus non circoli». L'appello è al buon senso e a stare a casa.

A prescindere dal fatto che si viva in una zona d'allerta.

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