Ilva, Di Maio prepara il pasticcio di Stato

Il ministro: «Stiamo scrivendo all’Avvocatura dello Stato». Caos a Taranto

Ilva, Di Maio prepara il pasticcio di Stato

Il superministro Luigi Di Maio sul dossier Ilva rischia di combinare un «pasticcio» più grosso di quello che imputa al suo predecessore Carlo Calenda: coventrizzare l’industria italiana dell’acciaio. «Prima di affidare l’Ilva a un privato devo garantire che tutto sia in regola», ha dichiarato. «Stiamo scrivendo all’Avvocatura dello Stato per capire se tutto sia corretto nella procedura di gara», ha aggiunto precisando di non voler «andare contro l’azienda o contro il governo precedente, ma si parte dal piano ambientale».

Movimenti ambientalisti, talebani pentastellati e comunità tarantine, che hanno votato M5s convinte della possibilità di chiudere l’impianto, stanno presentando il conto al titolare dello Sviluppo. Di Maio s’è così fatto forte di un parere dell’Anac di Raffaele Cantone su alcune presunte irregolarità della gara per guadagnare tempo. D’altronde, anche lo stesso contratto di governo è fumoso: vi è scritto «chiusura delle fonti inquinanti» come se questo significasse qualcosa di diverso dal mandare a casa i 14mila dipendenti e i 6mila dell’indotto. E così ci si è aggrappati fino a ieri a Raffaele Cantone che ha, tra le altre cose, messo in evidenza due presunte irregolarità nella gara che l’anno scorso ha assegnato il siderurgico a ArcelorMittal-Marcegaglia che ha prevalso su Jindal.

La prima riguarda il mancato accenno alla possibilità di rilanci. La seconda attiene alla spalmatura del piano ambientale su 6 anni e non in uno come scritto nel bando. L’ex ministro Carlo Calenda non ci ha visto più. «Di Maio dice balle, non annullerà la gara di vendita, sta facendo solo un cinema», ha detto ieri invitando il ministro dello Sviluppo a un confronto tv (il tweet è stato rilanciato anche da Renzi).

«Di Maio non vuole decidere, ha promesso la chiusura dell’Ilva, poi quando è arrivato al ministero, si è reso conto di cosa significhi: 20mila posti di lavoro in meno, un punto di Pil in meno», ha concluso. «Il governo precedente ha avuto 5 anni per affrontare il tema e mi ha lasciato con un bando pieno di criticità e una scadenza molto breve: tutto quello che voleva fare il vecchio governo lo poteva fare, a me si chiede in un mese di risolvere tutto», ha replicato Di Maio. Secondo Calenda, la vicenda si concluderà con un’accelerazione sugli interventi ambientali e «un passo in più sugli esuberi» (4mila quelli previsti da Am Investco) per non incorrere in eventuali richieste di risarcimenti in caso di riapertura della gara. Ipotesi plausibile che non esime Forza Italia dal protestare.

«È una sciagura che Di Maio si occupi dell’Ilva», ha chiosato Maurizio Gasparri aggiungendo che gli M5s «stanno alimentando campagne pretestuose per soddisfare i desideri di Grillo, stanno distruggendo lavoro».

In conclusione i numeri: la più grande acciaieria europea ha quasi dimezzato la produzione dal 2011 (da 8 milioni di tonnellate a 4,5) e ha quasi bruciato gli 800 milioni di prestiti governativi perché si perdono 60-70 milioni al mese. Se volevano chiudere l’Ilva, ci sono quasi riusciti e la concorrenza europea ringrazia

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