Ilva, il tavolo a 62 è un flop Il governo congela la vendita

Il maxi vertice lascia tutti insoddisfatti: «Sceneggiata» Il vicepremier: «Carte in procura se gara non in regola»

Ilva, il tavolo a 62 è un flop Il governo congela la vendita

Un happening, una kermesse, un caravenserraglio. Questo è stato il tavolo sull'Ilva convocato ieri al ministero dello Sviluppo da Luigi Di Maio. Ben 62 sigle, posti addirittura in terza fila, quasi due ore di colloqui e nemmeno un passo in avanti. Eppure dinanzi a questo consesso estemporaneo ArcelorMittal ha presentato le proposte migliorative per lo stabilimento di Taranto.

Dalla riduzione alle emissioni di anidride carbonica con l'utilizzo di combustibili meno inquinanti fino alla realizzazione più rapida entro il 2020 della copertura dei parchi di stoccaggio dei materiali ferrosi e 10 milioni di investimento in ricerca e sviluppo. «È la proposta più avanzata per il turnaround di Ilva e garantisce un futuro sostenibile come produttore di acciaio leader in Italia», ha chiosato Geert Van Poelvoorde, Ceo di ArcelorMittal Euirope chiedendo al governo di fare presto. «Prima potremo iniziare, prima potremo offrire i miglioramenti», ha concluso.

Il problema è che il fattore tempo per Di Maio sembra non esistere. «Quelli di prima mi hanno lasciato tutto bloccato e fermo: dalle contrattazioni sindacali alla gara non a regola d'arte», ha dichiarato. «Pensavo di essere il successore di persone competenti, ma mi sono trovato con regole e cronoprogrammi non rispettati», ha aggiunto tirando l'ennesima stoccata al predecessore Carlo Calenda. «Non aderisco a quell'idea politica per cui bisogna fare di tutto per liberarsi dell'Ilva regalandola al primo acquirente che passa e trascurando i lavoratori e i cittadini di Taranto», ha concluso ribadendo che «la proposta non soddisfa».

Insomma, non si è ancora usciti dal circolo della propaganda. Tanto che il termine «sceneggiata» usato dal sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, per descrivere il vertice di ieri pare proprio il più calzante. Ad esempio, non si è registrato nessun progresso sul fronte occupazionale relativamente ai 4mila esuberi previsti dal piano ArcelorMittal. Questo tema sarà a centro dell'incontro di oggi al ministero con Cgil, Cisl e Uil, già irritate dal tiramolla del capo politico pentastellato.

In realtà, Di Maio fa molto affidamento sul riesame tecnico delle scelte del precedente governo, con la possibilità di annullare la gara dello scorso anno. Gli incartamenti, già inviati all'Avvocatura dello Stato, sono stati trasmessi anche alla Procura della Repubblica. Il ministro «fa benissimo a mandare le carte in Procura se ravvisa elementi di reato», ha commentato l'ex ministro Carlo Calenda aggiungendo che «nel mentre rimane il problema di decidere cosa fare di Ilva: la Procura fa le indagini, il governo governa, come dice la parola stessa».

Se Di Maio non ha fretta sull'Ilva, «magari ha fretta Mittal», ha sottolineato il governatore della Liguria, Giovanni Toti, che ha partecipato al vertice che riguardava anche il destino dello stabilimento di Cornigliano. «I contribuenti italiani pagano un milione di euro al giorno e Mittal è un'azienda che deve tenere le sue quote di mercato in Italia e nel mondo», ha aggiunto.

La delusione del gruppo franco-indiano è legata anche alla necessità di recuperare quanto prima la produzione annua di 8 milioni di tonnellate, necessaria per l'equilibrio economico dello stabilimento tarantino. Ma per Di Maio il tempo deve passare: M5S ha promesso la chiusura e non sa come uscire da questo cul de sac.

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