Impresentabili, la Bindi ci riprova e punta a infangare Bertolaso

E al processo Mafia Capitale Buzzi accusa: «Risparmiati i politici vicini a Renzi»

Patricia Tagliaferri

Roma Rosy Bindi ci riprova. Dopo le Regionali dello scorso maggio, la presidente della commissione Antimafia prepara una lista di «impresentabili» anche per le Amministrative del 5 giugno. Solo un lavoro informativo per gli elettori, rassicura lei, nessuna lista di proscrizione.

Di fatto, però, così l'Antimafia avrà l'ultima parola sui nomi di chi potrà presentarsi alle urne. Anche a Roma, finita di diritto tra i comuni da tenere d'occhio grazie a Mafia Capitale, il cui processo è ancora nel vivo. E proprio ieri in aula il ras delle coop, Salvatore Buzzi, ha detto che «l'inchiesta ha risparmiato solo l'area politica che fa riferimento al presidente del Consiglio Renzi». «Sulle elezioni romane abbiamo una relazione già pronta - fa sapere la Bindi - e intendiamo monitorare». Una decisione, quella dell'Antimafia, che potrebbe essere interpretata come uno sgambetto a Guido Bertolaso nella sua corsa verso il Campidoglio.

L'ufficio di presidenza della commissione ha deciso che le liste e i candidati saranno sottoposti a controlli a campione. I comuni presi in considerazione saranno una decina, scelti tra quelli sciolti per mafia, come Platì in Calabria, e quelli che negli ultimi tre anni hanno avuto una commissione d'accesso e sono in amministrazione straordinaria o in amministrazione ordinaria, come Roma e Brescello (Reggio Emilia). Del resto con 1.400 comuni al voto e più di 150mila candidati, un controllo su tutte le liste non sarebbe possibile. La Bindi vorrebbe regole più stringenti di quelle che ci sono adesso sull'incandidabilità ed esorta le forze politiche a darsi «codici di applicazione molto più esigenti per selezionare la classe dirigente». Nella relazione dell'Antimafia denuncia la carenza di strumenti efficaci di controllo sulla trasparenza delle candidature, come per esempio un casellario dei carichi pendenti e una banca dati dei candidati, anche in relazione ai requisiti previsti dalla Legge Severino. Per agevolare il lavoro di verifica delle commissioni elettorali, secondo la Bindi, servirebbe un provvedimento d'urgenza del governo. Perché si tratta di un lavoro enorme, ma non ci sono i mezzi necessari per farvi fronte. Le commissioni che valutano le candidature, per esempio, hanno a disposizione solo 48 ore per stabilire se le autocertificazioni presentate sono corrette.

Ai candidati, inoltre, la presidente dell'Antimafia vorrebbe fosse richiesto un certificato penale, non un'autocertificazione. «Sono proprio le amministrazioni locali - si legge nella relazione - il primo varco delle mafie nelle pubbliche amministrazioni e nei rapporti con la politica».

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