Roma La prima fiducia sull'Italicum Matteo Renzi se la mette già in testa come una corona d'alloro. Si sente più forte ora che ha bloccato minoranza dem e opposizioni. E marcia deciso verso il Partito della nazione, quello a vocazione maggioritaria, che parli a tutti. Quello che deve sostituire il vecchio Pd, dopo l'operazione rottamazione.
«Se vogliono un temporeggiatore ne scelgano un altro - dice il premier -, io non sono della partita». Non gli interessa la tattica di attesa e logoramento del generale romano Quinto Fabio Massimo. Lui vuol fare tutto e subito. La legge elettorale sente di averla in tasca, alla faccia di critiche e agguati. Oggi l'aspettano gli altri due voti di fiducia e lui promette, suadente: «Se passerà e il governo potrà proseguire il suo compito, si aprirà una fase affascinante per tutti».
A chi l'accusa di arroganza e prepotenza risponde: «Stiamo solo facendo il nostro dovere. Siamo qui per cambiare l'Italia». A chi definisce «fascista» la scelta di mettere la fiducia sull'Italicum, replica che l'ha fatto uno statista come Alcide De Gasperi e le sue ragioni in Parlamento le affidò «all'arte oratoria di Aldo Moro: due grandi democratici, due grandi antifascisti». Storia antica, storia moderna, per costruire l'agiografia laica del leader. Ai 352 che hanno votato sì alla Camera Renzi dice: «Grazie di cuore. La strada è ancora lunga ma questa è la volta buona». Per lui, è la prova che «il Parlamento vuole continuare sulla strada delle riforme». E lo rassicura anche il fatto che, nelle stesse ore, il Senato abbia dato l'ok all'allargamento dei poteri del premier, approvando le misure della delega sulla pubblica amministrazione, per «rendere effettive» le norme già esistenti che regolano le funzioni di «vigilanza sulle agenzie governative nazionali». Sono quelle fiscali, dall'Agenzia delle entrate a quella delle Dogane, dal Demanio ai Monopoli di Stato.
Fuori dal Palazzo c'è un sit-in in piazza Montecitorio, con bandiere di Sel, lista Tsipras e M5S. Su uno striscione c'è scritto: «Renzi, ladro di democrazia!».
È il momento, per il leader, di mostrarsi magnanimo, come gli imperatori romani dopo una grande vittoria. Così, Renzi fa dire al numero due, Lorenzo Guerini, che nel Pd lo strappo è stato «contenuto» e non ci saranno sanzioni o espulsioni. Poi, apre a modifiche sul Senato, per armonizzare legge elettorale e riforme istituzionali, come chiedono i 50 deputati di Area riformista che hanno votato sì alla fiducia. «Se lo riteniamo necessario - dice - ci sarà spazio al Senato per riequilibrare ancora la riforma costituzionale, facendo attenzione ai necessari pesi e contrappesi: nessuna blindatura, nessuna forzatura». Anche sulla composizione? Guerini, non lo esclude: «Vedremo gli spazi offerti dalla norma, una cosa alla volta».
Sulla scuola, altra apertura.
Renzi smentisce di pensare al decreto e, anche per placare la protesta che prepara lo sciopero del 5 maggio, assicura che il ddl si potrà migliorare: «Chi contesta ha diritto di farlo, ma entriamo nel merito. Niente slogan e ideologie».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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