Infortuni e morti sul lavoro: punizioni meno severe per le aziende "virtuose"

Disegno di legge prima dell'estate Sisto: "Premiamo l'adempimento"

Infortuni e morti sul lavoro: punizioni meno severe  per le aziende "virtuose"
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Il testo è ancora sotto chiave, perché limature e aggiunte sono tuttora in corso. Ma Francesco Paolo Sisto, il viceministro della Giustizia che sta seguendo per il governo la faticosa impresa, è convinto: prima dell'estate verrà portato all'esame del Parlamento il disegno di legge cui l'esecutivo affida la traduzione in concreto dell'impegno contro le morti e gli infortuni sul lavoro. Un testo, spiega Sisto, che si regge su due gambe: da una parte la creazione di un sistema di procedure («per questo io parlo di fare sistema») che veda coinvolti governo, parti sociali, imprese e lavoratori; dall'altra innovazioni di legge che facciano da incentivo al rispetto pieno delle norme.

«Non introdurremo nuovi reati, questo è sicuro», spiega Sisto. E allora? A cosa sarà affidata la pressione sulle aziende perché mettano in campo sforzi maggiori per impedire gli infortuni? L'obiettivo del viceministro è fare in modo che la prevenzione diventi «conveniente». Nel caso di incidenti, le aziende e i dirigenti che dimostreranno di avere messo in atto tutte le procedure possibili e previste - dai modelli organizzativi ai corsi di formazione ai dispositivi individuali agli interventi sugli impianti - avranno diritto a venire punite meno duramente. «Non verrà in alcun modo ridotto - assicura Sisto - il risarcimento in sede civile alle vittime, che resterà al cento per cento. Ma in sede penale chi potrà provare di avere fatto il suo dovere fino in fondo avrà diritto a trattamenti meno severi di chi i suoi doveri ha colpevolmente trascurato. È una innovazione che realizzeremo intervenendo sul codice penale. Il nostro obiettivo è rendere premiante l'adempimento».

Il vero «mantra» del disegno di legge, spiega ancora il viceministro, è il «sistema di adempimento condiviso», un equilibrio di ruoli in cui tutti sono chiamati a fare la loro parte, e dove la parte destinata alle sanzioni sia accompagnata alla prevenzione. «Non è una rivoluzione copernicana, è solo l'introduzione di un concetto quasi elementare come il gioco di squadra».

Il lavoro della commissione presieduta da Sisto, che da anni insegna questa materia al Politecnico di Bari, è in corso da oltre un anno, ed è passato per decine di audizioni. A tutti, nelle settimane scorse, il viceministro ha spiegato la filosofia di fondo: quella di «un modello più orientato a parametri di prevenzione che incaponito sulla sanzione: quest'ultima arriva sempre troppo tardi, quando ormai il fatto è accaduto, il pregiudizio si è verificato. E spesso, purtroppo, irrimediabilmente».

Nei giorni scorsi era circolata l'ipotesi che all'interno del disegno trovasse spazio un nuovo reato, «omicidio sul lavoro», un po' sullo schema dell'«omicidio stradale». A proporlo, se non a rivendicarlo, sarebbe stata una parte del sindacato e delle opposizioni. Ma in realtà non sarà così, la richiesta non verrà accolta perché al ministero considerano l'invenzione di un nuovo reato del tutto superflua, anche perché nel codice sono già presenti le aggravanti per i reati di omicidio colposo e di lesioni colpose se vengono commessi «con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro». Il reato di «omicidio sul lavoro» può essere un bello slogan ma rischia solo di complicare la gestione dei processi.

A rendere «conveniente» il pieno rispetto delle norme antinfortunistiche potrebbe essere, oltre all'alleggerimento delle condanne penali, anche la riduzione dei rischi di commissariamento delle aziende coinvolte.

Secondo il Sole 24Ore, «l'impresa con le carte in regola potrebbe non essere più assoggettata a quel reticolo sanzionatorio che, anche in fase interdittiva, oggi colpisce le aziende non solo con misure assai rilevanti sul piano economico ma anche con interventi che possono condurre alle soglie della chiusura».

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