Invocano la «rivoluzione» dalle prime pagine di 33 giornali. Chiedono la fine della Londoncrazia, lo stop del dominio assoluto della capitale sul resto della regione. E paragonano le diseguaglianze sociali ed economiche dell'Inghilterra di oggi alla Germania dell'89, quando con la fine della Guerra fredda e la caduta del Muro emerse l'enorme disparità di sviluppo e crescita fra Est e Ovest. Con una differenza: qui è la latitudine che conta. Nord contro Sud, ma a parti inverse rispetto alla diatriba tutta italiana a cui siamo abituati. Questo è il Regno dis-Unito alle prese con l'ennesima sfida territoriale. Come se non bastasse l'inferno della Brexit, il rebus sul confine irlandese, la rinnovata spinta indipendentista della Scozia, ora arriva l'Inghilterra ad aggiungere i suoi guai. Il Nord della regione, una delle quattro di cui si compone il Regno Unito, con Scozia, Galles e Irlanda del Nord, entra di prepotenza nel dibattito pubblico per rivendicare diritti e investimenti rispetto al Sud dell'Inghilterra. Un Sud ricco e prepotente, rappresentato dalla capitale onnivora, la Londra calamita e città-Stato che tutto divora, lasciando agli altri le briciole.
Nelle stesse ore in cui si apriva la sfida ufficiale all'interno del Partito conservatore per trovare il successore della premier Theresa May, sulle prime pagine di 33 giornali locali, quotidiani e siti Internet della «Northern England», dal Manchester Evening News, al Liverpool Echo, dal Bradford Telegraph allo Yorkshire Post campeggiava in copertina, spalmato su vari titoli, un messaggio forte e chiaro, slogan di una mobilitazione: «Power up the North», accendi il Nord, nel doppio senso di ridar luce e spingere l'economia dell'area ma anche di attribuirle maggior potere decisionale. La stampa, ancora influente in un Paese in cui i giornali locali hanno una tiratura media di oltre 30mila copie al giorno, ha deciso con una lettera aperta a Westminster di avviare una campagna contro le diseguaglianze della regione in tema di investimenti, trasporti, stipendi, aspettativa di vita. «È necessaria un cambio di passo nel modo in cui il governo tratta il Nord, serve una devolution dei poteri e l'auto-determinazione per la gente del Nord», scrive il Manchester Evening News a nome di 15 milioni di persone. «I nostri politici devono impegnarsi a un cambiamento reale» perché «per troppo tempo, gran parte delle decisioni sono state prese centinaia di miglia lontano dalle nostre comunità, rendendo il nostro Paese il più centralizzato dell'Occidente». E via con le richieste: impegno per un piano industriale in ogni settore dell'economia, accelerazione negli investimenti per le infrastrutture essenziali, strade e ferrovie, ma anche nel digitale.
«Giù il muro», scrivono nei loro editoriali le 33 testate, riferendosi alla pietra miliare della campagna, il report dell'ex capo del civil service, Lord Bob Kerslake. È lui, l'uomo che ha guidato la macchina della pubblica amministrazione britannica dal 2012 al 2014, ad aver denunciato in uno studio sulle diseguaglianze, appena pubblicato, che il divario economico fra il Nord e il Sud dell'Inghilterra rievoca quello della Germania subito dopo la caduta del Muro di Berlino. Un gap - spiega Lord Kerslake - creato da 50 anni di scelte governative pro-Londra, «che per essere invertito necessita di altri 50 anni». Il dito è puntato sull'esecutivo centrale, che ha concentrato quasi tutti gli investimenti sulla capitale, mosso da un'errata «ortodossia politica per cui la crescita di Londra avrebbe portato benefici diretti ad altre aree». Niente di più sbagliato. Alla fine le disparità sono cresciute. La disoccupazione è doppia nel Nord-Ovest rispetto al Sud-Est, l'aspettativa di vita la più bassa al Nord, la più alta al Sud, gli investimenti dell'ultimo decennio sono stati di 60 miliardi di sterline in meno rispetto a Londra, ridotti del doppio al Nord rispetto al Sud con la mannaia dell'austerity. «Delle trenta economie mondiali studiate in questo report - insiste Lord Kerslake - siamo la 28esima in termini di divisioni regionali».
«Eppure, nonostante decenni di scarsi investimenti - spiega il Chronicle di Newcastle - se il Nord fosse un Paese indipendente sarebbe la nona economia più forte d'Europa». Sarebbe. Perché per ora è solo un'altra gatta da pelare per il nuovo primo ministro in arrivo dopo Lady May.
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