«Quota 100 è una picconata alla legge Fornero». Sì, ma scatenerà il caos negli uffici dell'Inps dove ci si sta preparando con «una task force». E ancora: «Tagliamo gli stipendi dei parlamentari», dice il M5s. No, «tagliamo solo il numero dei parlamentari», risponde la Lega. Due misure bandiera per la maggioranza gialloverde, ma anche una babele di annunci, retromarce, fughe in avanti e smentite. Due punti cardine del programma dei rispettivi contraenti, quota cento e costi della politica, sempre più scivolosi per gli equilibri del governo.
In attesa dei decreti ufficiali, dovrebbe essercene uno unico per quota 100, pensioni e reddito di cittadinanza «entro la prossima settimana», regna la confusione e piovono rassicurazioni. Sulle pensioni, il sottosegretario al Lavoro della Lega, Claudio Durigon, cerca di mettere ordine e garantisce che Ape social e opzione donna - scadute con il nuovo anno - saranno prorogate in modo retroattivo dal primo gennaio. E che dunque nessuno ne resterà escluso. Ma ammette che per quota 100 i problemi di applicazione potrebbero essere numerosi. L'unica certezza è che per affrontare la mole di istanze e i relativi dubbi di applicazione, all'Inps ci si sta attrezzando. Il rischio è, all'entrata in vigore della riforma, di ritrovarsi sì con la Fornero picconata, ma anche alle prese con una «prima fase caotica». E ancora: «L'Inps sarà pronta a dare le necessarie risposte ai cittadini. Stiamo mettendo in piedi una task force per far fronte alle richieste». Da un lato le squadre speciali, dall'altro il pericolo che il comparto pubblico vada in tilt per le troppe richieste di uscite. Per questo, ha aggiunto il sottosegretario, il decreto stabilirà che la prima decorrenza per andare in pensione con 62 anni e 38 di contributi per gli statali sarà a luglio. Inoltre verrà «tolto l'adeguamento dell'età all'aspettativa di vita: blocchiamo a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne».
La frattura si allarga anche ai costi della politica. Che non sono quelli degli stipendi, secondo la Lega, ma del numero dei parlamentari. È quello che va ridotto, per Salvini. Ma il M5s sul punto non molla, e dopo il videomessaggio di Capodanno dell'accoppiata Di Maio-Di Battista, ha rilanciato la battaglia dal blog delle stelle: «Ci apprestiamo a tagliare anche stipendi e numero dei parlamentari». Fondamentali per i grillini, le indennità, non per i leghisti, con il vicepremier che ha già ribadito che «le priorità sono altre» e che per lui la questione non si pone visto che il contratto parla d'altro.
È il leghista Claudio Borghi (nella foto), presidente della commissione Bilancio alla Camera, a ricordare che «io c'ero quando si scriveva il contratto di governo.
E il taglio degli stipendi dei parlamentari semplicemente non c'è. Sul punto non c'era accordo e si è deciso di accantonarlo. Io poi sono contrario, le indennità servono a garantire, ad attrarre competenze». Esattamente il contrario delle promesse pentastellate.
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