Roma - La privacy è dunque un valore? Di fronte al governo che sulle intercettazioni prima dice di voler accelerare e poi frena, di fronte al parlamento che dopo essersi trastullato per mesi con il provvedimento ora sembra risvegliarsi, di fronte al nuovo presidente dell'Anm Piercamillo Davigo che nega la necessità di qualsiasi intervento, il Csm si muove per l'autoregolamentazione delle procure.
Imbrigliato per anni dai magistrati che non accettano limiti all'ascolto delle conversazioni e al loro uso nelle inchieste, Palazzo de' Marescialli ora corre ai ripari e si accorge che il problema dei fatti riservati e penalmente irrilevanti dati in pasto ai mass media c'è e getta fango sulle toghe stesse.
«Le frequenti indebite divulgazioni - dice il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini - di conversazioni estranee ai temi d'indagine e relative alla vita privata di cittadini spesso neanche indagati, rischiano di compromettere il prestigio e l'immagine dei titolari dell'azione penale e della polizia giudiziaria».
Il fatto è che il governo si trova nel mirino un po' troppo spesso e anche il suo prestigio viene compromesso. Qualcosa s'è iniziato a muovere quest'estate, dopo l'imbarazzante divulgazione del colloquio tra Renzi e il generale Adinolfi («Letta è incapace») e lo scandalo Guidi ha fatto il resto. La vituperata legge-bavaglio è dietro l'angolo. E l'inchiesta di Potenza riesce a smuovere il monolite Csm. I pm hanno capito che ormai le nuove norme arriveranno e preferiscono giocare d'anticipo, facendosele da soli. Per poi dire che la riforma non serve. Sulla linea Davigo, per il quale basta che chi legge sui giornali le sue liti col fidanzato, i suoi «pettegolezzi» (termine del premier) sui colleghi, o i suoi affari, faccia una querela per diffamazione per riparare il danno.
Il Csm prepara dunque una nuova circolare sulle procure e linee guida sulle intercettazioni telefoniche. La base sono le circolari dei procuratori di Roma Pignatone, di Torino Spataro e di Napoli Colangelo. Ieri si è saputo anche di quella del fiorentino Creazzo. L'obiettivo è l'uniformità tra tutti i pm. Parlando in Cassazione ai procuratori generali presso le Corti d'appello, Legnini spiega che la VII commissione, su impulso del comitato di presidenza, farà una sintesi delle «positive ed innovative misure organizzative adottate» dai procuratori, la integrerà e la porterà in plenum per gli ultimi aggiustamenti. «Non vi è ragione - dice il vicepresidente del Csm - di sottrarsi al dovere di mettere a disposizione di tutti gli uffici di procura un atto di autoregolamentazione uniforme cui ciascun procuratore capo e ciascun magistrato inquirente potrà attenersi o ispirarsi». No, non c'è ragione ma finora non si è fatto e l'obbligo comunque non c'è. Ciò che nella stagione berlusconiana era inaccettabile diventa possibile. Solo un intervento «garbato», suggerisce l'ex toga e senatore Pd Casson, senza urtare i pm.
Legnini assicura che il Csm non vuole «invadere» il potere dei procuratori, ma definire «un possibile equilibrio» tra l'uso «dell'irrinunciabile strumento investigativo» e i diritti costituzionali alla riservatezza, ad una corretta informazione e alla difesa.
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