Matteo Renzi scopre le carte e minaccia lo strappo in maggioranza sulla prescrizione: «Lo stop alla prescrizione dopo il primo grado di giudizio scatta perché due forze populiste, 5 Stelle e Lega, hanno votato questa legge assurda. Noi abbiamo votato contro: ne vado fiero. Una giustizia senza fine non è giustizia. Solo la demagogia può pensare di far credere che per i cittadini sia meglio cosi» rilancia da twitter il leader di Italia Viva. Per l'ex presidente del Consiglio senza il rinvio della riforma Bonafede, che cancella (dal primo gennaio 2020) la prescrizione dopo il primo grado di giudizio, il governo rischia di non avere i numeri in Parlamento:«Sulla giustizia in maggioranza ci sono visioni opposte: la prescrizione, la presunzione d'innocenza, la confisca e altro. O si trova un accordo equilibrato o ciascuno in Parlamento vota come vuole. La responsabilità spetta innanzitutto al ministro».
La lunga seduta del Consiglio dei ministri pre-vacanze natalizie non sblocca la trattativa sulla giustizia. Che resta il tallone d'Achille del governo Conte bis. Il ministro della Salute Roberto Speranza invoca un compromesso che scongiuri la rottura: «Sulla prescrizione la mediazione è possibile se si saprà conciliare il dovere dello Stato di accertare i fatti e il diritto dei cittadini che questo avvenga in tempi ragionevoli».
Il Pd si accoda alla linea dei renziani e prepara l'arma di un Ddl per modificare la legge Bonafede: «Come assicurazione sulla vita noi presenteremo un nostro ddl sulla prescrizione che ci auguriamo di non dover usare. Ma la legge di Bonafede da sola resta una norma sbilenca e una bandiera», annuncia il vicsegretario del Pd ed ex Guardasigilli Andrea Orlando, in un'intervista a Repubblica.
Il premier Giuseppe Conte naviga a vista. I fronti aperti sono tanti: dalla giustizia all'autonomia. Ma anche sul voto in giunta al Senato, dopo la richiesta di l'autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini per il caso della nave Gregoretti, la maggioranza giallorossa rischia di arrivare spaccata. Con Italia Viva pronta a votare contro la richiesta dei giudici del Tribunali dei ministri di Catania.
Sulle intercettazioni la maggioranza prende tempo: il decreto legge non contiene solo un rinvio a marzo dell'entrata in vigore delle nuove norme, ma anche diverse modifiche della disciplina. Il testo è composto di due articoli. La scelta delle intercettazioni rilevanti o meno non sarà più solo della polizia giudiziaria, ma rientrerà nella sfera decisionale del pubblico ministero. Con il provvedimento si interviene sulla riforma Orlando del 2017, se ne posticipa ancora una volta l'entrata in vigore al 29 febbraio e si correggono alcuni punti indigesti al Movimento 5 stelle e al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Con le nuove norme gli avvocati potranno estrarre copia delle intercettazioni rilevanti. Cade inoltre la disposizione della riforma Orlando che molti avevano definito un bavaglio per i cronisti: il giornalista che pubblica l'intercettazione non rischia più di essere incriminato per violazione di segreto d'ufficio. Restano sostanzialmente le regole in vigore oggi.
Il decreto contiene anche indicazioni chiare rispetto alle indagini tuttora in corso per le quali vale la vecchia normativa. Di rinvio in rinvio, l'esecutivo vivacchia. I nodi restano tutti sul tavolo.La verifica di governo inizierà il 7 gennaio. Ma c'è il sospetto che il governo arrivi a quella data già lacerato e senza soluzioni politiche.
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