Roma. Libero. Pietro Genovese, il 22enne figlio del regista Paolo Genovese, condannato per omicidio stradale plurimo, torna in libertà. La condanna, ridotta a 5 anni e 4 mesi, era stata già commutata in arresti domiciliari, poi all'obbligo di dimora. Adesso il Tribunale di sorveglianza dovrà decidere sul residuo di pena, 3 anni e 7 mesi. Vittime della guida del giovane sotto l'effetto di alcol, Gaia von Freymann e Camilla Romagnoli, 16 anni, che attraversavano Corso Francia per tornare a casa. Col semaforo rosso, no verde, lontano dalle strisce, sulle strisce, a velocità sostenuta o no: il processo per stabilire la verità su quello che è accaduto quella notte maledetta del 21 dicembre 2019 diventa una guerra di perizie fra le parti, i genitori delle ragazzine uccise e quelli del 20enne. A Genovese junior in due anni era stata più volte sospesa la patente di guida proprio per una serie di infrazioni, tra cui il vizio di passare con il semaforo rosso e di guidare dopo aver alzato il gomito. Ma quella sera, secondo gli esami tossicologici il ragazzo avrebbe «solamente» bevuto tanto vino: il suo tasso alcolemico è di 1,4 mg al litro, tre volte tanto il massimo consentito. Gli accertamenti clinici stabiliscono che Genovese è «non negativo a cannabis e cocaina», droghe che restano nel sangue molti giorni.
Insomma, non è sicuro che l'imputato si sia fatto di spinelli e coca poco prima dell'impatto. Restano le aggravanti dell'alcol e dell'alta velocità. I testimoni confermano che le ragazzine, mano nella mano, attraversavano con il verde per i pedoni e che Genovese arrivava in velocità dopo aver superato sulla terza corsia un'utilitaria. Non si ferma subito Genovese, ma sulla rampa per la tangenziale quando la Renault Koleos, per il forte impatto, va in protezione. Con lui Davide Acampora che vede due sagome volare in aria. Jacopo Daliana, a piedi, vede il crossover che sfreccia ad almeno 80 chilometri orari. Emiliano Annichiarico dice: «L'impatto è stato violentissimo. La prima ragazza è stata colpita in pieno». Orlando Townshend insiste: «Erano sulle strisce». David Rubin Mosche, alla guida di una Smart, le vede e si ferma: «Ho visto arrivare un Suv a gran velocità da corso Francia in direzione Parioli e travolgere in pieno due ragazze» racconta. Impossibile se Genovese fosse appena ripartito con il verde. Per il gup Gaspare Sturzo, Genovese era «impegnato in una gara di sorpassi, utilizzando al contempo un cellulare con cui mandava messaggi, superando il limite di velocità in ora notturna, iniziando un ultimo sorpasso di un'auto che aveva cominciato a frenare (la Smart, ndr) e poi si era fermata». Il perito scrive: «L'incidente poteva essere evitato se l'auto fosse andata piano e se Genovese non si fosse ritrovato in uno stato d'alterazione».
Un anno fa la condanna in primo grado al termine del rito abbreviato: 8 anni di carcere, tre in più rispetto alla richiesta del pm proprio grazie alle testimonianze. Nell'appello dell'8 luglio scorso la riduzione di pena. Ora la Corte d'Appello, visto che la sentenza è passata in giudicato, elimina anche la misura dell'obbligo di dimora.
Immediata la reazione dei familiari delle vittime. I genitori di Camilla Romagnoli si augurano che «il Tribunale di sorveglianza valuti con serenità, serietà e rigore l'istanza di affidamento al servizio sociale allargato che proporrà il condannato».
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