Roma - Spunta il nome di Angelino Alfano nelle intercettazioni di Mafia Capitale. Chiamato in causa, de relato , dalla coop La Cascina che gestisce il centro di accoglienza per immigrati di Mineo con un ruolo che potrebbe essere definito, semplificando, di garante. Oppure, meglio ancora, come spauracchio all'indirizzo di Luca Odevaine che stava facendo pressione (nelle carte si usa il termine ricatto) sulla stessa coop la Cascina, in ritardo con i pagamenti allo stesso «facilitatore», ex braccio destro di Veltroni, poi messo da Zingaretti al tavolo di coordinamento dell'immigrazione del Viminale.
Siamo a novembre 2014, il Ros parla dei rapporti di Odevaine con La Cascina e dello sblocco dei fondi ministeriali per i servizi prestati dalla cooperativa al Cara di Mineo. «L'Addeo (collaboratore di Odevaine, ndr ), quindi, raccontava dello scontro che Odevaine aveva avuto con Salvatore Menolascina, riferendo che il predetto rappresentante de La Cascina aveva paventato a Odevaine la possibilità di poter far intervenire nella questione il ministro dell'Interno Angelino Alfano».
La discussione è riportata per intero. Il collaboratore chiede conto del colloquio con i vertici della coop e Odevaine spiega la difficoltà: «Un po' so' str..., un po' lì le informazioni passano, non passano... per cui diventa pure complicato chiedergli di rispettare accordi che nessuno sostiene di averne presi». Il metodo utilizzato da Odevaine per fare rispettare l'intesa viene sintetizzato dal Ros. «L'indagato» spiegava «che a fronte della mancata corresponsione delle proprie “spettanze” da parte dell'azienda sopra citata, si era visto costretto a “ricattare” i vertici della predetta cooperativa, minacciandoli di rallentare, attraverso l'intervento» del dg di Mineo Giovanni Ferrera «il trasferimento degli ingenti fondi a loro dovuti, circa 40 milioni di euro» per i servizi Cara.
Per fargli rispettare l'intesa, Odevaine racconta di avere tirato in ballo i fondi ministeriali. «Gli ho detto: “Guardate se volete prendere i 50 milioni che volete, i soldi stanno arrivando, posso rigirare e farveli prendere il prima possibile, oppure...». Il facilitatore paventa la possibilità che i soldi arrivino «dopo sei mesi» e con il suo collaboratore ammette: «Mi son dovuto incaz... praticamente... ehm, ricattandoli».
Il ricatto suscita le ire di Menolascina, che a quel punto tira in ballo il ministro dell'Interno. «Quello - spiega Odevine riferendosi al manager de La Cascina - si è incazzato». Poi riferisce le parole di Menolascina: «A me non me frega un ca...! Io chiamo Angelino!». Lo stesso Ros annota che Odevaine «fa riferimento al ministro dell'Interno Angelino Alfano». Minaccia che, almeno secondo il suo racconto, non lo spaventa: «Guarda, tu puoi chiama' chi te pare, ma alla fine la firma sulla dichiarazione la deve mettere Giovanni Ferrera, non ce la mette il ministro! Tu - prosegue il racconto Odevaine - chiama chi ca... ti pare e vediamo se i soldi me li dai». Alla fine, dopo «due ore e mezza» di trattativa un accordo sembra sia stato trovato. E Odevaine accenna anche a un'altra «Ati», cioè associazione temporanea di impresa, sul Cara di San Giuliano, il cui bando era «destinato» alla Cascina.
Il politico più citato nelle carte resta il sottosegretario Giuseppe Castiglione, indagato per turbativa d'asta. L'esponente siciliano di Ncd è tirato in causa anche nelle dichiarazioni spontanee di Salvatore Buzzi.
«Il sottosegretario Castiglione fece in modo che la gara per il centro di Mineo fosse vinta dal soggetto che doveva vincerla». In sostanza, il fondatore della cooperativa 29 giugno, conferma la tesi di Raffaele Cantone, presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. I servizi del Cara, sono stati assegnati con una gara «sartoriale».
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