"Io, strozzato dallo Stato e dimenticato dai 5 Stelle"

L'imprenditore fallito vanta un credito di 4 milioni con la Pa: «Di Maio mi ha voluto al Mise, però...»

"Io, strozzato dallo Stato e dimenticato dai 5 Stelle"

Non è bastato essere stato una bandiera del M5s in campagna elettorale e poi nominato consulente del ministero dello sviluppo economico, in segno di ascolto, da parte del governo gialloverde, verso gli imprenditori in difficoltà. Con un ufficio «a venti metri da quello del ministro Luigi Di Maio», Sergio Bramini, 71 anni, fallito a causa di 4 milioni di euro di crediti vantati verso lo Stato, ha dovuto prendere carta e penna e scrivere al leader grillino, all'altro vicepremier Salvini e al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Nella missiva la richiesta di aiuto: «Tutelatemi». Dopo aver perso la casa all'asta e finora aver inutilmente tentato di riprendersela, ora arriva anche l'esproprio dell'azienda, come ha denunciato ieri Forza Italia.

«Sì, doveva scattare domani (oggi ndr), ma i miei avvocati sono riusciti a rinviare la procedura al 16 gennaio. Lì ho anche i mobili della casa da cui mi hanno buttato fuori, e c'è anche il mio cane. È assurdo che si applichi prima ancora che ci sia un'asta e una vendita. Quegli uffici sono vuoti. Non c'era alcun motivo di procedere così».

Perché si è arrivati a questo?

«La risposta è semplice: non sono più un cittadino normale. Sono Sergio Bramini, quello che si è ribellato al sistema che strozza gli imprenditori. La magistratura si è accanita sul mio caso. Come sulla questione della casa. Ma ora basta, ho scritto una lettera per chiedere aiuto a Di Maio, Salvini e Bonafede».

Cosa ha chiesto?

«Di tutelarmi. Sulla mia abitazione è in corso un'ingiustizia. Grazie all'associazione Credito Italia avevo raccolto i soldi, oltre 370mila euro, per riprenderla. Le banche erano d'accordo, mancava solo il sì del curatore. Sembrava cosa fatta, visto che l'asta per la vendita era andata deserta. Solo un acquirente cinese aveva fatto un'offerta, ma venuto a conoscenza della situazione, aveva deciso di fare un passo indietro. Invece la casa gli è stata aggiudicata comunque e con una procedura palesemente irregolare. Per questo ora ho chiesto aiuto ora a Di Maio».

Scusi ma lei è un suo consulente al Mise, possibile che debba scrivergli per chiedere aiuto?

«Il mio ufficio è a venti metri dal suo ma non lo vedo mai. È sempre impegnato. L'ultima volta che l'ho visto è stato due mesi fa a margine di un convegno. Per risolvere il mio caso ci vuole la volontà politica di intervenire e opporsi alla magistratura, Di Maio, con tutta la stima che ho per lui, forse non ne ha abbastanza».

Eppure pochi giorni fa proprio Di Maio ha annunciato la cosiddetta legge Bramini, all'interno del ddl Semplificazioni, che impedisce pignoramenti delle case per gli imprenditori a credito con lo Stato.

«Sono contento che ci sia, ma è una goccia, un compromesso rispetto alla proposta che avevo fatto io e cioè di estendere la misura a tutti, imprenditori, commercianti, partite iva e famiglie in difficoltà, non solo ai creditori della Pa, che sono una minima parte».

Il contratto di consulenza al Mise le permette di vivere?

«L'ho fatto correggere perché inizialmente non avendo le spese di viaggio coperte, tolti i viaggi da Monza a Roma, vitto e alloggio, ci rimettevo. Adesso diciamo che ci sto dentro, il mese scorso mi sono rimasti 100 euro. Vivo in un appartamentino dove stiamo in sei, era quello che avevo preso in affitto per mia figlia.

La mia vita è cambiata completamente, non siamo più benestanti, ma tutti insieme tiriamo avanti. Per questo ora mi spendo per gli altri. Perché non accada ciò che è successo a me. Ma se non mi danno una mano anche il mio ruolo perde di credibilità».

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