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Iran, affonda la più grande nave militare. Incendio anche alla raffineria di Teheran

Doppia bruciante umiliazione dell'apparato strategico. Prima le fiamme sulla Kharg, poi il misterioso "incidente" al gasdotto

Iran, affonda la più grande nave militare. Incendio anche alla raffineria di Teheran

Comunque siano andate le cose siamo di fronte all'ennesima bruciante umiliazione subita da un apparato strategico iraniano che, tra incidenti e presunti attacchi israeliani, vede seriamente compromesse le sue ambizioni di grande potenza regionale. Dopo l'affondamento della nave Kharg, colata a picco ieri mattina al largo del porto di Jask dopo esser stata avvolta dalle fiamme, è arrivato il misterioso incendio divampato, ieri sera, in una delle più grandi raffinerie del paese a Sud di Teheran. Un doppio colpo che non compromette solo la reputazione della Repubblica Islamica, ma anche la sua capacità di deterrenza e minaccia. Il tutto mentre il grande avversario israeliano, colpevole o meno che sia, vede crescere la sua fama di nemico invincibile, invisibile e insidioso. La Kharg, un colosso dei mari varato ai tempi dello scià era ancora oggi la nave più imponente della marina militare. Progettata come gigantesca nave d'appoggio era stata trasformata dagli ingegneri navali del corpo dei pasdaran in una sorta di base galleggiante da cui coordinare le operazioni nella zona dello stretto di Hormutz. Grazie alle sue dimensioni poteva svolgere funzioni di portaelicotteri, ma anche di nave madre, centrale di rifornimento e ponte di comando per le operazioni dei barchini manovrati dai guardiani della Rivoluzione. Barchini piccoli e veloci che verrebbero usati, in caso di conflitto, per bloccare petroliere e navi nemiche sigillando quel Golfo Persico da cui transita il 30 per cento del gas liquido trasportato via nave e un terzo del greggio caricato su petroliere.

Con la perdita della Kharg, Teheran è dunque costretta a rinunciare a un elemento fondamentale di quella deterrenza energetica che punta sul fabbisogno globale di gas e petrolio per dissuadere i nemici dall'attaccare le sue coste. Proprio per questo, nel caso si scopra che di attacco e non d'incidente s'è trattato, il principale sospettato sarebbe inevitabilmente Israele. Lo Stato ebraico è da tempo impegnato in una vera e propria guerra segreta con una Repubblica Islamica accusata di appoggiare sia i miliziani sciiti di Hezbollah in Libano, sia quelli di Hamas e della Jihad Islamica nella striscia di Gaza. Secondo indiscrezioni riprese da fonti d'intelligence statunitensi e pubblicate a marzo dal Wall Street Journal, Israele avrebbe colpito e danneggiato dal 2019 a oggi almeno una dozzina di navi iraniane impegnate a rifornire di armi e petrolio la Siria di Bashar Assad. Ad aprile la Saviz, un'altra unità della marina iraniana usata come nave madre per i barchini dei pasdaran, era stata seriamente danneggiata da una mina magnetica israeliana fatta esplodere sotto la linea di galleggiamento mentre era all'ancora al largo delle coste libanesi. Il devastante incendio originatosi ieri sera in un gasdotto della raffineria di proprietà statale Tondgooyan Petrochemical, a sud della capitale, sembra invece l'ennesimo capitolo di quella guerra cibernetica che negli ultimi anni ha colpito numerosi impianti industriali e militari della Repubblica Islamica. Gli stessi media iraniani, solitamente assai cauti, parlavano ieri di «cause poco chiare» circa l'origine del «grande incendio» scoppiato a sud di Teheran dentro le strutture di una fra le più grandi raffinerie della Repubblica islamica.

Un «incidente» assai simile a quello registrato l'11 aprile scorso nel sito nucleare di Natanz dove le fiamme divampate all'interno del sistema elettrico hanno compromesso anche una parte delle centrifughe utilizzate per l'arricchimento dell'uranio.

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