Irresponsabilità fatale la legge sullo ius soli

Irresponsabilità fatale la legge sullo ius soli

Senza tentare una disquisizione giuridica sullo ius soli, di cui si discute in questi giorni drammaticamente alla Camera, addirittura mettendo il provvedimento in cima alla pila delle leggi che aspettano la discussione, e promettendo persino di ricorrere alla fiducia, un piccolo sorriso è indispensabile leggendo degli ultimi accadimenti di Santhià. La storia suscita due sorrisi, e per due ragioni diverse: la prima è relativa alla sua espulsione dopo che ha rifiutato la cittadinanza italiana per motivi ideologici. Gli faceva orrore, gli era culturalmente e religiosamente estranea e nemica benché ne avesse diritto. Le espulsioni sono indubbiamente fra i mezzi migliori quando si profila il pericolo che il personaggio in questione sia un estremista attivo, anzi, un jihadista estremista, come l'ex imam. L'espulsione è un'arma di sicurezza molto seria, usata dal Viminale per 159 persone partire dal gennaio 2015, 26 dall'inizio di quest'anno. Ben fatto. Il secondo sorriso ha uno sfondo più complesso e accompagna una domanda: come avrebbe fatto il soggetto a dare libero sfogo alla sua volontà se nel nostro Paese fosse esistito quello ius soli che sta diventando centrale nel dibattito politico e viene presentato come un bene indiscutibile, assoluto? Perché il signore studiato e poi espulso aveva maturato il diritto a ottenere la cittadinanza italiana secondo la legge che la prevede per il marito di una cittadina nata qui, in questo caso convertita all'Islam. Ma arrivato a questo traguardo nel 2012 aveva rifiutato di prestare giuramento per ottenere la cittadinanza, confidando ai suoi connazionali che questo avrebbe offeso la sua religione e che l'osservanza della Costituzione non andava d'accordo con la sharia, la legge islamica, a cui lui, ex imam della comunità vercellese, crede e si attiene. Intanto avveniva quello che ha portato all'espulsione: radicalizzazione, sospetto di collegamenti pericolosi, e anche peggio. In realtà la concessione dello ius soli, che in certi casi può essere molto giusto e sovrapponibile allo jis sanguinis, che nella legge italiana è molto articolato, è se concepita in termini generici, una delle solite medicine ideologiche per far sentire bene il mondo della sinistra di fronte alla problematica ormai sovrastante della presenza di immigrati e di profughi. I Paesi sono in genere molto cauti sulla questione: se si guarda la lista dei Paesi in cui il diritto allo ius soli senza limiti, essa è quasi interamente Sud americana, oltre a quella proverbiale, legato alla sua grande storia di antiche immigrazioni, degli Usa. Per il resto tutti hanno leggi col uno ius soli limitato, problematico. Ci può essere come nel caso dell'ex imam di Vercelli un problema soggettivo, sempre per altro più diffuso, imprevedibile e da verificare dando tempo al tempo, e poi procedendo alla integrazione totale. Inoltre, è evidente che una cittadinanza molto facilitata ha un carattere di incentivazione immediata dell'immigrazione delle grandi folle africane, cosa che è antitetica alla necessità più volte ribadita da parte dei leader europei di pensare, di programmare, di prevedere come arginare la marea che ci investe.

Il migliore profeta di questa politica delle nascite naturalizzate all'estero e Tayyip Erdogan: fate cinque figli a coppia e ci impossesseremo dell'Europa, già che siete già sul posto. La faccenda è molto complicata, semplificarla per ricevere il premio della bontà è dannoso, ed è probabilmente una irresponsabilità fatale.

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