Wael Farouq, classe 1974, insegna (da 12 anni) Lingua e letteratura araba all'Università Cattolica di Milano ed è anche direttore dell'Istituto di Cultura araba dell'Ateneo, attività che gli è valsa a ottobre l'assegnazione del premio internazionale "Eccellenze del Mediterraneo" dal ministero della Cultura. E lui egiziano, musulmano, mette in guardia da quello che definisce l'"islamismo politico", rafforzato perché alimentato dall'Occidente. Che il "buonismo è pericoloso come il suo contrario perché trasforma i musulmani in stereotipi" e che "in Italia chiunque può aprire un garage e proclamarsi imam" lasciando in sospeso una serie infinita di (non troppo) banali domande che vanno dal "come è stato ottenuto l'incarico? Chi lo paga?".
Professore, partiamo dalle definizioni. Cosa intende con "islamista politico"?
"Mentre il musulmano è una persona che vive una fede, l'islamista politico trasforma la religione in un'ideologia e la usa come strumento per cambiare la realtà secondo lui ingiusta. E quando la religione diventa progetto politico, lì nasce la violenza. Perché tutte le religioni predicano la pace, il bene. La differenza è stata visibile nel terribile attentato in Australia. C'era chi sparava e chi invece rischiava la vita per salvare gli ebrei. Ed entrambi erano musulmani".
Lei sostiene che l'Islam politico sia stato rafforzato dall'Occidente. In che senso?
"Nessun movimento sopravvive senza soldi, protezione politica ed economica. L'Islam politico è stato sostenuto per decenni da potenze occidentali per interessi geopolitici. Oggi Paesi come Egitto e Arabia Saudita lo combattono, mentre molte leadership dell'Islam politico vivono e operano in Occidente, soprattutto a Londra. Il mondo arabo ha preso ufficialmente le distanze. Il segretario generale della Lega mondiale musulmana Muhammad Abd al-Karim al-Issa, un grande studioso della religione islamica, un imam vero ha spiegato che se un musulmano viene in Italia e non gli piace la legge italiana non ha nessun diritto a cambiare una società che li accoglie. E lui è un'autorità per 50 paesi islamici".
A proposito di imam. Prendiamo il caso a Torino...
"Il problema non è cosa dice un singolo imam, ma chiediamoci piuttosto: chi è? Chi lo ha formato? Chi lo paga? Chi lo ha scelto? In Italia dove l'Islam non è riconosciuto regna il caos. Chiunque può aprire un garage e proclamarsi imam. Questo alimenta la confusione, favorisce gli estremisti e silenzia i musulmani normali, che sono la maggioranza. Le prime vittime dell'islamismo politico sono i musulmani normali come i miei studenti per esempio che non fanno notizia e che restano senza voce. Quindi unica cosa che posso dire è che non condivido cosa dice questo signore che non voglio chiamare imam perché non so se e cosa ha studiato, ma il vero problema è il mistero della sua provenienza. Da dove viene? Chi lo ha scelto? E resta un mistero perché viene lasciato tutto così".
Come si sradica l'Islam politico?
"Con più libertà, dando voce ai musulmani italiani. È la maggioranza moderata che può isolare la minoranza estremista. Non dobbiamo proteggere l'Italia dai musulmani, ma i musulmani italiani dall'Islam politico".
Ha in mente un modello possibile?
"La Croazia. Lì l'islam è riconosciuto, regolato, trasparente. La libertà, accompagnata da regole chiare, mette gli estremismi ai margini. È così che si è sconfitto anche il fascismo: non riducendo la libertà, ma rafforzandola. Smettiamo di usare etichette come Islam moderato o radicale. L'islam è una religione con sedici secoli di storia e due miliardi di credenti nel mondo.
I giudizi vanno fatti su gruppi, in contesti storici e geografici precisi. Gli stereotipi semplificano, ma sono pericolosi. E alla fine, fanno il gioco degli estremisti. Ecco perché anche il buonismo è pericoloso. Tanto quanto il suo contrario".