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Israele a rischio elezioni. E Bibi torna protagonista

Si dimette la presidente della coalizione Silman. Il premier Bennett non ha più la maggioranza

Israele a rischio elezioni. E Bibi torna protagonista

Gerusalemme Israele rischia di nuovo le elezioni; il governo è in crisi, Benjamin Netanyahu è di nuovo il possibile protagonista del futuro del Paese da quando ieri ha rassegnato le sue dimissioni la presidente della coalizione, membro del partito «la Destra», Idit Silman. La Knesset ha 120 parlamentari, occorrono 61 membri per governare e oggi sono ridotti a 60, Naftali Bennett è un leader azzoppato: ma non è detto che si dimetta. Può darsi che seguiti a cercare di tirare avanti cercando di ricostruire il consenso o l'appoggio a una coalizione di 60, la Knesset è in vacanza per la Pasqua e questo allunga i tempi. Ma è improbabile che riesca a recuperare qualche nome e l'opposizione può chiedere il voto di sfiducia: 61 voti basteranno a distruggere l'attuale laboriosissima coalizione arlecchino. Tuttavia, il Likud non ha un leader da proporre che verrebbe votato come primo ministro da 61 parlamentari. La Lista Araba, per esempio, non ci starebbe. E il Likud, comunque, punta decisamente alle elezioni: è ciò che Bibi spera, perché la maggioranza è ancora nelle sue mani, lo è sempre rimasta, il Likud conta ancora su circa il 30 per cento dei voti. Il 40 per cento degli elettori, dice un'indagine recentissima, pensa che Netanyahu sarebbe un migliore primo ministro di Bennett, che oggi ha solo il 14 per cento dei consensi. La crisi è reale anche se l'ha suscitata la scarsa esperienza e la poca coesione di un governo di tanti colori: è la sua intrinseca debolezza alla fine che lo ha portato a una contrazione espulsiva proprio nel momento in cui è assediato da un'ondata terrorista. Idit Silman, del partito stesso di Naftali Bennet, «Destra», ha spiegato così: «Purtroppo non ne posso più... Ho lavorato per l'unità con tutta me stessa... battendomi per il bene comune. Ma non posso aiutare la dissoluzione dello Stato d'Israele e l'identità religiosa del popolo ebraico». Idit Silman è un religiosa haredi, una quarantunenne dura e assertiva, sempre molto curata nell'abbigliamento, nel trucco e nelle acconciature della testa mezzo-coperta; si è sempre fatta valere con «Yemina» ottenendo da Bennett il ruolo di presidente della coalizione, e poi si è sentita abbandonata, tanto da inventarsi un'aggressione politica fisica mai avvenuta. Nello stesso tempo ha sofferto le molte critiche per aver abbandonato la sua parte per unirsi a quel governo con tante punte di sinistra. Per la destra è sempre stato difficile in questi dieci mesi sentirsi a proprio agio: il partito arabo al governo e una sinistra estrema, l'atteggiamento debole di fronte agli Stati Uniti e all'accordo con l'Iran, l'assalto del terrorismo e i fondi che Israele seguita a versare a Abu Mazen che li destina al terrorismo. E poi la botta ideologica finale che è stata la scusa della crisi di Idit: il ministro della sanità Nitzan Horowitz (Meretz, sinistra liberal molto esibizionista) che diffonde una lettera a tutti gli ospedali chiedendo di ottemperare alle leggi che consentono a chi vuole di far entrare cibo non casher nella settimana di Pasqua che comincia il 15 di questo mese. Ovvero, per Pasqua, è tradizione ebraica spazzare via dalle case e dai luoghi pubblici tutti i cibi lievitati, è una tradizione che il 70 per cento degli israeliani osserva, religioso o no, e come ha detto la Silman: «è una linea rossa». Horowitz, è vero, ha voluto fare una provocazione laicista, dato che nessuno negli ospedali ha mai frugato le borse dei visitatori per vedere se portavano un panino, tantomeno le borse di chi va a trovare pazienti arabi. Ma tutti dicono che da giorni si preparava la defezione e che Silman era sul mercato: Netanyahu le avrebbe già offerto il decimo posto in lista e il ruolo di ministro della Salute. Intanto con un intervento pubblico le ha subito dato il bentornato a casa ed è cominciata una caccia ad altri nomi di parlamentari per un «governo stabile, forte... chiamo quelli che furono eletti nelle liste di partiti nazionali...sarete benvenuti a braccia aperte». Si riapre il grande scontro, ed è di nuovo intorno a Bibi, alla discussa necessità di avere un leader che guidi un Paese sempre assediato dalla minaccia fatale che si serve del terrorismo, dei missili e dei droni arabi oltre che della minaccia atomica iraniana, oltre che di una propaganda martellante finanziata a miliardi. Ed è davvero difficile per Israele avere un primo ministro che oggi ha solo 5 parlamentari, nonostante la legge elettorale glielo consenta.

La crisi sarebbe sopravvenuta comunque.

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