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«In Italia c'è un boom di casi ma 3 su quattro ci ripensano»

La psicologa: «Sono più le femmine a sentirsi maschi»

Emanuela Fontana

Maddalena Mosconi è psicologa e psicoterapeuta all'Ospedale San Camillo di Roma. È la responsabile dell'area minori del Saifip, il Servizio per l'adeguamento tra identità fisica e identità psichica, tra i centri pionieri in Italia sul tema dei problemi di identità di genere. Da quasi vent'anni vede arrivare bambini che chiedono i giochi da femminuccia, che rifiutano il loro corpo. Chiedono è poco: implorano. «Ma solo il 25% mantiene questa volontà crescendo, anche se le richieste in centri come il nostro è aumentata negli ultimi anni in maniera vertiginosa».

Dottoressa Mosconi, l'ultimo caso di cronaca sono le dichiarazioni dell'attrice Charlize Theron sul proprio figlio Jackson: l'attrice ha spiegato che da quando aveva tre anni il figlio ha scelto di essere una bambina.

«Bisogna fare attenzione. Anche prima esistevano situazioni così, ma si stava zitti, per la paura di essere giudicati. Ora capita che alcune attrici utilizzino questi argomenti a proprio favore, perché si rendono conto che non è più un tabù, ma anzi motivo di visibilità. Siamo nella società in cui tutto deve essere mostrato. Fedez e Ferragni fanno vedere il figlio minuto per minuto. Il fatto di esibire la propria vita privata è diventata una consuetudine».

Come è cambiato il vostro lavoro in una società in cui l'esibizione può confondere la sofferenza?

«Sono aumentati i casi di gender fluid tra gli adolescenti. Soprattutto delle femmine che si sentono maschi. Arrivano da noi spesso ragazzi che esprimono orientamenti pansessuali e asessuali. Il disagio adolescenziale prima veniva fuori in altre forme, ora assume questa. Dobbiamo stare più attenti. Ci troviamo di fronte a molte più situazioni sfumate rispetto al passato».

Dovete quindi capire quando è una moda, un rifiuto, e quando una sofferenza reale?

«Molti adolescenti con la psicoterapia identificano nel problema dell'identità il proprio disagio».

Tre anni è un'età in cui un bambino può definire e decidere la propria identità di genere?

«Nei casi più eclatanti l'identificazione con l'altro sesso inizia già dai 2 o 3 anni di età, con un interesse ossessivo, esclusivo, per vestiti e giochi dell'altro sesso, un atteggiamento connotato da sofferenza. L'orientamento di tutti i professionisti è attesa e osservazione, fino ai 12 anni: aspettare quello che il bambino decide di fare e non negare la possibilità di viversi come desidera».

In quanti casi questi bambini che presentano una disforia di genere fin da piccolissimi mantengono la loro intenzione?

«Circa nel 25%.

Dobbiamo correggere atteggiamenti come quelli di chi pensa: Se faccio sedere mio figlio accanto a lui diventerà transgender, spiegare che bambini così sono una ricchezza».

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