Ci si sposa di più perché tanto si divorzia più in fretta. Questo dice la lettura più cinica degli ultimi dati Istat, che comunque qualche ragione potrebbe anche averla. Perché è vero che in Italia, nel 2015, sono stati celebrati 194.377 matrimoni (quindi 4.600 in più rispetto all'anno precedente), ma è altrettanto vero che in Italia, nel 2015, sono stati sanciti 82.469 divorzi, (quindi il 57% in più rispetto al 2014).
Forse la gente si sposa con più facilità perché con più facilità dal matrimonio può uscirsene. Il divorzio breve è più snello, economico e indolore del divorzio tradizionale. O almeno così dovrebbe essere, se non altro sulla carta. Anche se poi... per chi non sa lasciarsi è lungo anche quello breve e non c'è scorciatoia burocratica o pratica disinfettata che incoraggi, plachi o rassicuri. Strappi, insulti e lotte per seppellire quello che a quel punto sembra, comunque, un rito incivile. Mentre per chi ha stile, e pace ed equilibrio e sensi anestetizzati, anche la trafila più logorante fila via rapida e indolore. Ognuno fa caso a sè. Perciò non sappiamo se possiamo davvero dar retta alla lettura più cinica dei dati Istat. E allora, di lettura, ce ne siamo fatti venire in mente un'altra. Ovviamente ancora più cinica.
La gente è tornata a sposarsi perché la società è tornata a far sentire diverso chi non lo è. Sappiamo che può sembrare paradossale, o addirittura scentrato sostenere una cosa del genere nell'era delle unioni di fatto, e di un'altra dozzina di opzioni legali e sociali rispetto all'unione classica, ma se ci pensate è meno paradossale di quanto sembri. Davanti a una cornucopia di alternative al matrimonio (che servono a omologare la gente a chi lo ha contratto), è logico che il matrimonio torni ad essere un valore. È logico che sia al matrimonio ciò a cui la gente torni ad aspirare. Perché c'è «Il Matrimonio», e poi c'è il resto, che è simile ma non è uguale. É «quasi come», ma non è «quello». Perché siamo onesti: il «come se», non è.
A noi potete credere perché noi lo sappiamo benissimo. Ci siamo sposati a pochi istanti dalla menopausa, dopo cent'anni di turbolenze e addii, dopo un figlio, dopo milioni di vacanze e di feste di Natali, e di riunioni di famiglia e di cene con gli amici e di chissà cos'altro. Durante i quali, comunque e sempre e inevitabilmente, noi eravamo «altro». C'erano le mogli, le famiglie regolari, i figli degli altri, e poi c'eravamo noi. Perché «come se» un corno. Siamo nel 2016 ma tocca vedersi negli occhi degli altri per capire a che punto stiamo davvero. L'ultimo anello di fidanzamento che abbiamo ricevuto dallo stesso uomo (i primi due erano bellissimi ma non sono andati a buon fine), è stato un rumorosissimo campanaccio.
Prima di tutto perché di comprare anelli era purtroppo arcistufo, secondo perché i primi due non avevano evidentemente portato buono, terzo perché un campanaccio era perfetto per il rabbioso adagio con cui avevamo preso a rispondere a quanti, con ironia o supponenza, ci chiedessero «ah... ma non siete sposati?..»: «No. Sono una mucca senza campanaccio!».La realtà è che la gente è tornata a sposarsi perché nel 2016, il vero campanaccio d'appartenenza è una fede al dito.
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