Un'aggressione ogni quattro ore. Il tempo delle nostre forze dell'ordine è scandito dalla paura e dal rischio costante. Perché, come è successo durante un controllo di routine a Sesto San Giovanni, può capitare di trovarsi davanti un pericoloso terrorista che impugna la pistola e spara. Mezzi insufficienti, armi inadeguate, formazione carente, stipendi non rapportati alla pericolosità delle mansioni svolte: temi che finiscono sulle pagine dei giornali ma che lambiscono il dibattito politico senza mai trovare risposte adeguate. Eppure, l'impegno delle forze dell'ordine resiste. Loro sono sempre lì, a presidiare le strade, per la nostra sicurezza, rischiando la loro però. Perché i numeri dell'ultimo rapporto dell'Osservatorio «Sbirri Pikkiati» dell'Associazione sostenitori Polstrada (Asaps,) sono allarmanti e rispecchiano un trend in continuo aumento. Nei primi 10 mesi del 2016, ci sono state 1.744 aggressioni nei confronti di poliziotti, carabinieri, agenti di polizia municipale e operatori delle altre forze di polizia. I più colpiti sono stati i Carabinieri, con il 50,1%, seguiti dalla Polizia di Stato con il 36,1%. Su 1.744, 743 sono state commesse da stranieri. Dati che seguono la scia di quelli dell'intero 2015 quando si registrarono 2.256 aggressioni. Un numero totale quasi identico sia a quello del 2014, quando gli attacchi furono 2.266, sia a quello del 2013, quando furono 2.286. «Ogni quattro ore almeno un operatore di polizia finisce in ospedale, spesso con conseguenze invalidanti, fisiche e psicologiche, che lo accompagneranno per tutta la carriera», tuona il presidente dell'Asaps, Giordano Biserni. Snocciolando i dati emerge che, sia nei primi mesi del 2016 che nell'intero 2015, nel 19,6% dei casi l'aggressore ha utilizzato bastoni, coltelli, cric e persino la propria auto per aggredire l'agente di turno. E, si badi bene, il numero comprende soltanto le azioni violente avvenute su strada durante i controlli, il che è ancora più allarmante se si considera che gli agenti in servizio hanno minori strumenti di difesa rispetto a quelli che gestiscono l'ordine pubblico. Eppure, pur non essendoci un numero ufficiale, nelle piazze, vicino agli stadi o ai centri di accoglienza per gli immigrati, la mattanza dei reparti mobili è parimenti allarmante. Basti pensare che, tra il 27 giugno e il 3 luglio 2011, nel pieno della guerriglia in Val di Susa rimasero feriti oltre 250 tra poliziotti e carabinieri.
E non erano ancora scoppiati né il caos dei migranti né l'allerta terrorismo. Nella prima settimana di ottobre 2016, solo per dare una prova di come la situazione non sia affatto migliorata, sono avvenuti oltre dieci attacchi alle forze dell'ordine. Ma loro continuano a lavorare. Nel silenzio.
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