Italiani all'estero, è caos: esposti contro Renzi per la lettera-invito al Sì

Lega, Fi e pure grillini: comprarsi il voto così è reato penale. Le carte domani in Procura

Italiani all'estero, è caos: esposti contro Renzi per la lettera-invito al Sì

Renzi gioca d'azzardo sul voto degli italiani all'estero. Dalla campagna condotta direttamente dal Giglio magico alle regole piegate, dalla pioggia di regalie con la Legge di Bilancio alla propaganda pagata con denaro pubblico. L'ultimo caso, clamoroso, è la gestione dell'indirizzario degli italiani all'estero, negato al Comitato del No e utilizzato dal Comitato del Sì per mandare una lettera firmata da Renzi stesso a tutti i connazionali oltre frontiera. Che è un giallo: chi ha acquisito gli indirizzi? Di fronte alle rimostranze delle opposizioni, il Comitato del Sì ha fatto sapere che erano stati loro e che Renzi la firmava in qualità di segretario del Pd.

L'annuncio del messaggio però l'aveva dato il ministro Boschi e con queste parole: «Non so se sia già arrivata la lettera del presidente del Consiglio agli italiani all'estero. Arriverà contemporaneamente alla scheda elettorale. Non insieme fisicamente, che poi scatta la polemica». E anche il ministro dell'Interno Alfano aveva ribadito il punto: «È un'iniziativa assolutamente normale che ha tutta l'istituzionalità che giustifica l'intervento di un presidente del Consiglio che promuove il voto. Suscita uno scandalo perché c'è troppa ipocrisia». Dunque qual è la versione autentica? Quella del Comitato che vede Renzi segretario di partito o quella dei ministri con Renzi premier?

Ma c'è di peggio. Giuseppe Gargani, europarlamentare e presidente del «Comitato popolare per il No al referendum» fa scoppiare il caso: «A ottobre abbiamo chiesto i riferimenti degli italiani all'estero, il Viminale ci ha dato un dischetto con i nomi, ma senza indirizzi e numeri telefonici, per esigenze di privacy. Debbo ritenere che la regola sia generale e valga per tutti, altrimenti ci sarebbe una vistosa e grave alterazione della campagna elettorale». In realtà il Garante ha chiarito che è lecito l'uso degli indirizzari per fini elettorali. Il diniego a una sola parte è dunque uno scivolone clamoroso. Tanto che da Firenze Matteo Salvini, annuncia esposti in Procura: «Lunedì la Lega e i comitati del No li presenteranno perché comprarsi gli indirizzi di milioni di italiani residenti all'estero per spedire la letterina sul referendum è un reato penale». Renato Brunetta rincara parlando di «abuso d'ufficio» e parte dal centrodestra una richiesta a Mattarella perché intervenga a tutelare la regolarità del voto. In serata il Viminale ha sostenuto di aver consegnato gli stessi dati a tutti e quattro i Comitati referendari.

C'è poi il capitolo dei fondi stanziati nella legge di Bilancio per «comprare» consenso. Il Giornale aveva denunciato una pioggia di fondi per 50 milioni. Il Fatto ieri ha scovato altre voci, facendo salire il conto a 160 milioni. E il giorno prima aveva rivelato l'esistenza di un documento riservato firmato dall'ambasciatrice Cristina Ravaglia in cui si denunciava il voto all'estero come «contrario ai principi costituzionali che sanciscono che il voto sia personale, segreto e libero». Vincenzo Pessina, coordinatore di Forza Italia all'estero, denuncia da tempo come avvengono i brogli: «I nostri emigranti fanno riferimento ai patronati, quasi tutti controllati dalla sinistra.

Portano la lettera che ricevono dal consolato chiedendo cosa fare e la risposta è lascia tutto qui che ci pensiamo noi. E anche la trasmissione delle lettere con i voti ai consolati e lo smistamento nel centro di raccolta in Italia sono pieni di buchi neri».

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