Italicum, lo spettro della fiducia per piegare la minoranza dem

Il fronte anti Matteo alza le barricate sulla legge elettorale. Governo pronto allo scontro. Boschi: «No a veti da chi rappresenta il 30% del partito»

La fiducia sull'Italicum? È solo «un' extrema ratio », certo un'opzione «tecnicamente possibile» ma di cui è «prematuro parlare». Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi non fa nulla per dissipare i sospetti che tanto fanno imbufalire le opposizioni: spiega che non si aprirà «l'ennesima mediazione», respingendo quindi il «gioco al rialzo» di chi chiede nuove modifiche. E non esclude affatto la possibilità di usare il voto di fiducia sulla legge elettorale, anzi spiega che il governo «valuterà tutte le soluzioni politiche», e che la fiducia si chiede «quando è in gioco un provvedimento fondamentale per il governo, e la riforma elettorale lo è». Ma precisa anche che «i numeri li abbiamo e la maggioranza è solida», soprattutto se la minoranza Pd non tenterà agguati a voto segreto ma farà semmai «battaglie a viso aperto» per poi adeguarsi alla linea decisa «a maggioranza» dal partito, come normalmente avviene in democrazia. Anche perché «chi rappresenta il 30% di un partito non può imporre veti a chi ne rappresenta il 70%».

Il governo insomma lascia che lo spettro del voto di fiducia, sia pur come extrema ratio , continui ad aleggiare mentre il Parlamento si accinge ad esaminare l'Italicum (ieri la capigruppo di Montecitorio ha fissato l'arrivo in aula per il 27 aprile, nonostante le opposizioni chiedessero un rinvio a data da destinarsi). Un modo per ricordare a tutti, e soprattutto al fronte anti Renzi interno al Pd, che sulla legge elettorale il governo mette in gioco la propria continuità e quella della legislatura (quindi anche quella delle sedie dove la minoranza Pd sta assisa), e che stavolta un nuovo tentativo di distorcere o impantanare l'Italicum non sarà tollerato. In realtà, Renzi non ha alcuna intenzione di mettere la fiducia, ben sapendo cosa si scatenerebbe se lo facesse, e i suoi sono anche piuttosto convinti che non ce ne sarà bisogno: gran parte dei parlamentari della minoranza Pd non ha intenzione di seguire i pasdaran anti renziani nel tentativo di affossare l'Italicum e con esso il governo, e visti i numeri solidi della maggioranza alla Camera una fronda di 30-40 deputati può essere agevolmente sopportata.

La settimana prossima è previsto l'ennesimo confronto interno, un'assemblea del gruppo Pd alla Camera con il premier. La minoranza ribadirà la sua richiesta di modifiche (che rispedirebbero la legge al Senato, da dove difficilmente uscirebbe viva), Renzi ribadirà che le modifiche sono già state fatte nelle due letture precedenti e che dopo un anno e mezzo sarebbe ora di dare all'Italia - che ne è priva, caso unico tra le democrazie occidentali - una legge elettorale. I bersaniani, con Miguel Gotor, minacciano una «rottura» irreparabile nel Pd; il solito Stefano Fassina tuona che non voterà l'Italicum e che la questione «porta all'aggravamento della frattura tra noi».

Intanto, per convincere i deputati incerti, la componente renziana del gruppo di Montecitorio sta organizzando per il 22 aprile prossimo un seminario con il politologo Roberto D'Alimonte, uno dei padri dell'Italicum, per spiegare la nuova legge elettorale e contestare, si spiega, le «balle» sul suo funzionamento messe in giro dagli oppositori anche interni o da commentatori «poco e male informati».

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