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Iv e dem, derby per un ministero

Boschi e Orlando scalpitano per il posto della Azzolina

Iv e dem, derby per un ministero

Matteo Renzi ha un problema nella famiglia di Italia Viva: Maria Elena Boschi. Il capogruppo dei renziani alla Camera dei deputati scalpita: vuole a tutti i costi una poltrona da ministro nel governo. E dopo un lungo letargo, da settimane la Boschi è riapparsa in tv e sui giornali. Interviste, dichiarazioni pesanti contro l'esecutivo e appelli, addirittura, al capo dello Stato Sergio Mattarella. Una linea che è in perfetta sintonia con la strategia del leader di Iv Renzi, che ogni giorno bombarda il premier Conte: rimpasto o governo di larghe intese. In entrambe le opzioni dovrà esserci una poltrona per Maria Elena Boschi. «Ormai la madrina della riforma (bocciata al referendum nel 2016) costituzionale non si tiene più», raccontano fonti di Iv. E ogni occasione è buona per aprire il fuoco contro il governo, evocando la rottura. Ma in casa Iv c'è anche Ettore Rosato, coordinatore nazionale del partito, che ambisce a una poltrona di ministro. Si rischia una guerra nell'ex giglio magico. Rosato e Boschi hanno già individuato la poltrona: la guida del ministro dell'Istruzione al posto della grillina Lucia Azzolina. Ma c'è posto solo per uno dei due. Il destino della Boschi si incrocia con un altro ex ministro della stagione della rottamazione: Andrea Orlando. L'ex ministro della Giustizia, numero due del Pd di Nicola Zingaretti, si muove con le stesse armi della Boschi: bombe quotidiane contro la maggioranza giallorossa. A settembre dello scorso anno, quando è nato il Conte bis Orlando non ha scommesso un euro sulla durata dell'esecutivo giallorosso. E dunque ha preferito restarne fuori. Ma ora rischia di rimanere parcheggiato in panchina per un lungo periodo. Almeno fino all'elezione, nel 2022, del Presidente della Repubblica. Da mesi Orlando è la sirena nell'orecchio di Zingaretti: l'ex ministro della Giustizia spinge, preme, per un rimpasto. Il leader dei dem non è convinto. Teme la nascita di un esecutivo di larghe intese. Zingaretti non vuole entrare al governo. E le sue uscite, come ieri, sono sempre bilanciate: «Occorre un passo in avanti di tutti. In questi mesi così difficili il Pd è stato la forza della responsabilità, della stabilità, delle riforme necessarie agli italiani. Questa funzione ha permesso di ottenere importanti risultati. La rivendico con orgoglio». Zingaretti non forza, preferisce restare governatore e segretario del Pd. Ha una sola cambiale da pagare: dare una poltrona ad Andrea Orlando.

Un mini-rimpasto potrebbe essere la strada per ripescare i due ministri trombati Boschi e Orlando.

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