Jobs Act, Ncd in crisi di nervi. Ma Sacconi: "Ci sono condizioni per intesa"

Dopo l'intesa Pd sul Jobs Act, Ncd resta isolato. Prova a fare la voce grossa, ma incassa niet dal Pd. Ma Alfano è ottimista: accordo in fase di conclusione

Jobs Act, Ncd in crisi di nervi. Ma Sacconi: "Ci sono condizioni per intesa"

Crisi di nervi o crisi di isolamento. Alla fine, quel che è indubbio è che Angelino Alfano è stato messo all'angolo. Dopo l'intesa sul Jobs Act raggiunta dal Pd, Ncd ha provato a fare la voce grossa, prima chiedendo un nuovo vertice di maggioranza (e incassando il no della Boschi) e poi ponendo diktat rispediti al mittente. In serata, però, parlando al Tg3, Alfano ostenta ottimismo: "L’accordo" tra Pd e Ncd sul Jobs Act "è in fase di conclusione, si stanno mettendo a punto i dettagli e sarà formalizzato dentro il Parlamento". Il ministro ha poi sottolineato che sull’articolo 18 si "deve restringere la fattispecie in cui intervenga il giudice" e "dare i risarcimenti in modo automatico".

"Sul Jobs Act non è il tempo di veti, né di aut aut. Con Ncd si sta insieme dialogando e ragionando. E poi si è aperta una discussione parlamentare, Ncd è presente in commissione Lavoro e potrà far valere la propria voce", ha tuonato Roberto Speranza, capogruppo Pd alla Camera, in un'intervista a Repubblica, aggiungendo che "se Ncd decidesse di far cadere il governo, sarebbe folle. Non si assumeranno mai questa responsabilità. Faranno prevalere l'interesse del Paese".

Epperò i malumori all'interno del partito di Alfano sono presenti. "Non voglio entrare nei fatti del Pd. Quello che accade nel Pd è legittimo ma non si può far pagare il conto agli alleati", ha dichiarato il coordinatore Ncd Gaetano Quagliarello, ospite questa mattina di Omnibus su La7,spiegando che "reintrodurre i disciplinari significherebbe che alla fine la montagna ha partorito un topolino, il problema non è una legge che faciliti i licenziamenti ma che possa aumentare le assunzioni. Se il testo della legge prevede questo allora non ci saranno problemi. Tutto è rinviato ai decreti attuativi che dovranno dare una risposta alla delega".

"Il dialogo immediatamente riattivato nella maggioranza ieri sera dopo le mediazioni interne al Partito democratico deve ora condurre ad una posizione condivisa del governo su pochi emendamenti senza passi indietro, ovvero che confermino l’impostazione del Senato", ha avvertito il capogruppo al Senato di Ncd Maurizio Sacconi.

"Sacconi dovrebbe iniziare ad abbassare i toni e imparare che in un governo con una maggioranza come questa non è che si ottiene di più urlando. Il Pd, che è la principale forza, ha già fatto uno sforzo notevole di sintesi. Sacconi non ha alcun potere di veto", ha ribattuto in una intervista a Qn il presidente del Pd, Matteo Orfini, precisando: "Non possiamo certo star dietro alle ossessioni ideologiche di Sacconi".

Nel pomeriggio però la musica è cambiata. E lo stesso Sacconi ha spiegato: "L’accordo? Ci stiamo lavorando, non è ancora fatto ma mi pare che ci siano tutte le condizioni per raggiungerlo. Il governo mi ha dato rassicurazioni che non vuole attenuare la portata innovativa della riforma proprio perché risulti efficace a fare lavoro e impresa. Da ieri sera negoziamo con il governo che deve operare una sintesi. Credo che avremo alla fine una soluzione concordata che conserva l’impostazione individuata comunemente al Senato, rimarrà quell’impulso innovativo ai contratti a tempo indeterminato, non verranno modificate le regole relative alla maggiore flessibilità delle mansioni, non si modificheranno le regole che vogliono allargare l’impiego dei voucher per dare tutela agli spezzoni lavorativi e sulla stessa disciplina del licenziamento resteremo sostanzialmente nell’impostazione del Senato, che già prevedeva il reintegro per i licenziamenti discriminatori e dall’altra parte vi si assimileranno alcune limitatissime tipologie di licenziamenti disciplinari. Questa è la nostra tesi".

"No, non mette a rischio il g

538em;">overno", aggiunge poi Beatrice Lorenzin, "Ma credo che una buona riforma del lavoro interessi prima di tutto l’Italia e quindi il Jobs Act è fatto per far crescere il paese e non per rispondere a un problema sindacale".

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