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Jobs act, la fronda Pd si spacca Renzi incassa il primo sì

Alla Camera 316 sì, 6 no e 5 astenuti. Le opposizioni fuori dall'Aula al momento del voto. E la minoranza dem si spacca. Ma Renzi esulta

Jobs act, la fronda Pd si spacca Renzi incassa il primo sì

Alla fine Renzi ha portato a casa il Jobs Act. "Più tutele, solidarietà e lavoro", così il premier esulta su Twitter. L'aula della Camera ha approvato il testo sulla riforma del lavoro: 316 sì, 6 no e 5 astenuti. Ora il Jobs Act torna al Senato. Nessuno dei deputati dell’opposizione ha partecipato al voto finale. E quaranta deputati Pd non hanno votato il testo, altri due si sono astenuti (i civatiani Paolo Gandolfi e Giuseppe Guerini) e altri due hanno votato no (Giuseppe Civati e Luca Pastorino). Nonostante le modifiche apportate alla Camera, l’impianto della delega sul lavoro, viene spiegato, non è soddisfacente. Tutte le opposizioni, Lega, FI, Sel, M5S, hanno lasciato l’Aula della Camera al momento del voto finale, in segno di protesta.

"Valuteremo assieme l’atteggiamento da tenere, ma non ci sembra ci siano le condizioni per esprimere un voto favorevole", aveva avvisato Gianni Cuperlo. "Nella delega non vi è alcun disboscamento dei contratti precari: i punti sul lavoro dipendente sono punti di arretramento rispetto al diritto dei lavoratori", lamentava Stefano Fassina, aggiungendo che "si continua a insistere sulla precarizzazione del lavoro per favorire la crescita: questo è disarmante, dopo tutto quello che è successo in questi anni non si capisce che è una ricetta fallita".

"Se si fa un lavoro per migliorare il testo ti comporti di conseguenza e lo voti. Tra noi della minoranza Pd abbiamo posizioni differenziate in merito allo sciopero generale del 12 dicembre e prenderemo decisioni diverse. Questo non implicherà un rapporto di rottura tra di noi su temi come questi. Per quanto mi riguarda, uno con la mia storia che non ha mai mancato a una manifestazione della Cgil, esiste un legame affettivo e di rispetto nei confronti di quel sindacato. In un momento difficile come questo si deve aver rispetto per tutti i sindacati", ha dichiarato il deputato Pd Guglielmo Epifani.

"Siamo diventati il nostro contrario: vinciamo ma non lottiamo per le cose che abbiamo sempre combattuto. Renzi è vincente, convince molti elettori che prima votavano Berlusconi? Bene, purtroppo non convince molte persone che prima votavano il Pd, io ho ricevuto un mandato per fare il contrario di quello che stiamo facendo oggi", ha detto Pippo Civati annunciando che non voterà il Jobs Act. Chi invece lo voterà, per disciplina di partito, è Pier Luigi Bersani: "Nonostante alcuni miglioramenti, il Jobs act non convince, voterò le parti che mi convincono con piacere e convinzione e le parti su cui non sono d’accordo per disciplina, avendo fatto per quattro anni il segretario del Pd".

"C’è un ampio consenso nel gruppo parlamentare, si sta dimostrando con i voti. Su un emendamento qualche deputato ha votato diversamente, ma senza incidere sul risultato, mi sembrano più posizioni di singoli che di aree politiche", ha provato a minimizzare il vice segretario del Pd Lorenzo Guerini.

"Faccio un ultimo appello all’unità del Pd sul Jobs act. Abbiamo raggiunto una larghissima unità sul testo, spero che per rispetto della discussione fatta, dei cambiamenti apportati, del lavoro di ascolto reciproco e della nostra comunità, si voglia fare tutti un ultimo sforzo in Aula", ha detto il presidente del Pd Matteo Orfini.

Appello caduto nel vuoto.

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