Politica

Jobs Act, sì al Senato

Con 165 sì Palazzo Madama approva il Jobs Act. Ora la battaglia si sposta alla Camera

Il capogruppo della Lega, Gian Marco Centinaio, lancia il regolamento all'indirizzo del presidente Grasso
Il capogruppo della Lega, Gian Marco Centinaio, lancia il regolamento all'indirizzo del presidente Grasso

Palazzo Madama nella notte ha detto sì alla fiducia chiesta dal Governo sul maxiemendamento che sostituiva, interamente, il Jobs Act, recante deleghe in materia di lavoro. Con 165 voti favorevoli, 111 contrari e 2 astenuti il Senato ha dato il semaforo verde al provvedimento, che ora passa alla ora Camera dei deputati. L'articolo 1 del testo conferisce una delega al Governo in materia di ammortizzatori sociali; l'articolo 2 contiene invece una delega in materia di servizi per il lavoro e politiche attive; l'articolo 3 delega il Governo a semplificare le procedure e gli adempimenti; l'articolo 4 contiene una delega per riordinare la disciplina dei rapporti di lavoro, delle forme contrattuali e dell'attività ispettiva; l'articolo 5 prevede una delega per tutelare esigenze di cura, di vita e di lavoro.

Soddisfatto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi. "Gli italiani sono stanchi delle sceneggiate di alcuni, ma i senatori ieri hanno fatto un grandissimo passo in avanti", ha detto il premier arrivando alla sede del Pd. "Certo rimane l’amarezza per le immagini" dei disordini in aula. Immagini, ha aggiunto, "molto tristi per i cittadini che si domandano che senso ha".

Il Jobs act, ancor prima che venisse approvato, ha incassato i giudizi positivi dei big dell’Europa riuniti a Milano e in particolare di Angela Merkel, dopo che anche il Fmi si è espresso con favore sulla riforma del mercato del lavoro in Italia.

Quella di ieri è stata una giornata molto accesa al Senato, con scontri tra le varie forze politiche, che si sono combattute per ore facendo ostruzionismo, contestando, fisciando, lanciando monetine e libri. Un vero e proprio saloon. Contro il presidente Pietro Grasso è stata lanciata una copia del regolamento del Senato. Quando, dopo aver ascoltato decine di interventi, Grasso impone una stretta mettendo ai voti l’ordine dei lavori, il capogruppo della Lega Gianmarco Centinaio gli scaglia contro un librone contenente il regolamento del Senato; i grillini urlano "non si può" e salgono in piedi sui banchi del governo. Nell’emiciclo torna il caos e scoppia la rissa anche tra Sel e Pd: Loredana De Petris e Roberto Cociancich vengono alle mani, separati dai commessi.

L’opposizione ha trasformato il Senato in un campo di battaglia, provando a bloccare il cammino del Jobs act. E riuscendo a impedire che il voto di fiducia sulla riforma arrivasse, come auspicato dal Governo, in contemporanea con il vertice europeo di Milano. Renzi, infastidito, prima del voto finale aveva promesso battaglia: "Non molliamo di un centimetro. Porteremo a casa il risultato". E alla fine il risultato è arrivato. Anche con il voto dei senatori della minoranza del Pd, che però annuncia

538em;">battaglia alla Camera per modificare il testo.

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