Joshua Wong rischia l'arresto e avverte l'Italia. "Hong Kong è la Berlino di questa Guerra fredda"

Il leader pro-democrazia: «Biden stia attendo, l'incubo cinese esiste»

Joshua Wong rischia l'arresto e avverte l'Italia. "Hong Kong è la Berlino di questa Guerra fredda"

Tra quattro giorni Joshua Wong, la figura più nota e ammirevole della resistenza democratica di Hong Kong, sarà davanti a un tribunale della sua città. Rischia l'arresto immediato, cinque anni di carcere per manifestazione non autorizzata più uno per un'altra accusa incredibile: travisamento del volto, nel momento in cui l'uso della mascherina era obbligatorio per via del Covid. Ma tornerà, perché se c'è una cosa che non fa difetto a questo ventitreenne con la mente di un saggio è proprio il coraggio. Wong sa che potrebbe essere trascinato illegalmente oltre confine, in Cina, e che da lì potrebbe non fare più ritorno: non sarebbe il primo desaparecido di Hong Kong, ma il più celebre, esempio minaccioso per chi ne segue le orme. Porterà la sfida fino in fondo.

Ieri era a Roma, ospite della fondazione Farefuturo di Adolfo Urso che ha organizzato per lui un evento mediatico nella sede del Senato. Davanti a giornalisti, parlamentari e studenti ha tenuto una breve lezione sul tema a lui più caro, la libertà, e ha risposto a qualche domanda. Quasi con imbarazzo ha ricordato che dallo scorso 30 giugno, quando a Hong Kong è stata imposta l'infame «legge sulla sicurezza» che quasi vi azzera la libertà di espressione e di manifestazione, quella di ieri è stata la sua prima occasione di partecipare a un evento con parlamentari occidentali. «Ormai ogni volta che parlo corro gravi rischi per la mia libertà ha detto con la sua voce sempre calma e misurata -. Per favore fatelo anche voi per Hong Kong!».

Nella città di Joshua Wong la situazione è sempre più grave, e Pechino mostra ormai apertamente il suo volto liberticida, mascherato da patriottismo. Qui, denuncia, «vengono usati gli stessi sistemi di controllo con telecamere impiegati nei lager della regione ribelle dello Xinjiang», e all'occhio del Grande Fratello comunista ormai nulla più sfugge. Ieri sono stati arrestati tre dei quattro deputati locali appena espulsi dal Parlamento perché «ostili alla Cina»: il giorno prima Pechino aveva messo in chiaro che «solo i patrioti possono rappresentare Hong Kong». Nessuno spazio per l'opposizione, né per la sua figura più emblematica nel mondo, Joshua Wong.

A Roma, consapevole che questa sua apparizione in Occidente potrebbe essere una delle ultime, l'ex leader studentesco ha ricordato i punti cardine del suo messaggio. Il rispetto dei diritti umani non è una questione che riguarda singoli Paesi, ma un valore globale. Esiste un disegno cinese di egemonia mondiale che passa attraverso la negazione di questi diritti e l'applicazione di un mercantilismo che nega le libertà individuali, come il recente caso del miliardario Jack Ma ha dimostrato. L'Occidente, e la stessa Italia, devono stare attenti a non finire in una rete cinese da cui è molto difficile estricarsi: chiara allusione alla Via della Seta.

Hong Kong è «la Berlino di una nuova guerra fredda», Taipei sarà la prossima e il futuro presidente Usa Biden «farebbe bene a capire che esiste un incubo cinese, e a confidare poco nel dialogo con il suo autore»: quello Xi Jinping che lunedì potrebbe ordinare di farlo tacere per sempre.

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