C'è qualcosa che unisce il Pd e la Juventus? Entrambi stanno giocando una partita imprevista contro lo stesso avversario: la magistratura. Matteo Renzi e Andrea Agnelli sembrano a fine corsa, spediti apposta sul binario morto, dietro il fumo della persecuzione ci sono fatti e misfatti, documenti, intercettazioni, faldoni, denunce, smentite. Attorno all'ex presidente del Consiglio si muovono parenti e serpenti, molti inquilini dello stesso caseggiato, affiancati dal magistrato di tendenza che ha esibito le sue carte, secondo repertorio. Attorno ad Andrea Agnelli il fumo nero della 'ndrangheta, la criminalità organizzata che detta le sue leggi al calcio, dovunque, e da questo riceve complicità e patteggiamenti.
Ma, stranamente, il caso è esploso soltanto a Torino, da mesi si sentiva il rombo del tuono, ieri le parole del procuratore federale, poi smentite dallo stesso, sono state lo tsunami, una commedia grottesca allestita 24 ore dopo la dichiarazione di voto favorevole della Juventus per la rielezione di Carlo Tavecchio alla presidenza federale. La mano destra ha raccolto, la mano sinistra ha colpito. Sembra il remake dell'estate violenta del duemila e sei. Anche allora la giustizia ordinaria e quella sportiva tagliarono la testa ai vertici bianconeri, John Elkann fu l'uomo della svolta, inserendo un gruppo di dirigenti improvvisati, destinati a devastare i bilanci. John Elkann torna a essere il giudice della sentenza. Non è ancora intervenuto a commentare la vicenda, il suo silenzio è sgradevole ma significativo.
Il destino di suo cugino è segnato da tempo, la vicenda giudiziaria e le voci maligne di presunti contatti con il mondo della tifoseria criminale, accelerano i tempi di un divorzio che si era manifestato con le scelte private famigliari dello stesso Andrea, non del tutto gradite dal presidente di FCA. Andrea Agnelli ha portato a casa e a cassa risultati e denari che hanno consolidato e rafforzato l'asset del gruppo ma il ciclo sportivo è a conclusione, probabilmente con la leggendaria vittoria del sesto titolo consecutivo, a meno di clamorose rivoluzioni e penalizzazioni. Tutto ciò non cambia il disegno di Elkann, il quale potrebbe avere due soluzioni: o vendere la Juventus, eventualità che non va mai esclusa, o modificare, cosa ormai data per certa, l'attuale gerenza. Anche in questo caso due sono le scelte: affidare la presidenza a uno dei famigliari, Alessandro Nasi o Lapo Elkann, oppure ricorrere a una soluzione bonipertiana con l'incarico offerto a Del Piero o a Nedved, confermando gli altri membri dell'attuale consiglio di amministrazione.
Resta la zona grigia,
il gioco delle parole e dei sospetti, incontri, contatti, il fumo dentro il quale si muove da tempo Andrea Agnelli, uomo solo al comando. E con la paura che a pagare possa essere ancora la Juventus. Come nel duemila e sei.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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