L'"abbaglio" di Lévy per Saviano

L'"abbaglio" di Lévy per Saviano

Avete mai fatto un viaggio in un universo parallelo? No? Allora non siete incappati nell'articolessa di ieri a pagina 13 de La Stampa, firmata da Bernard-Henri Lévy - filosofo amato dalla sinistra francese - e dedicata ai suoi dialoghi parigini con Roberto Saviano. Parlando con Saviano, Lévy ha scoperto che l'Italia è un posto brutto. In primo luogo il ministro dell'Interno avrebbe minacciato di togliere la scorta proprio a Saviano. Una cosa folle, secondo Lévy, perché Saviano è un «uomo che, da solo, ha fatto quanto tutti i servizi segreti del continente messi insieme per liberarci dalle mafie». Ecco, ci perdoni Lévy, in preda a stordimento per l'incontro diretto con il Saviano-superman, però ci tocca dire che - partendo da Peppino Impastato, passando per il capitano Ultimo e bordeggiando dalle parti di scrittori come Sciascia, per arrivare alle ultime operazioni antimafia - è folle pensare che una singola persona possa essere l'arma finale contro Cosa nostra. Lévy legge tanto, ma non deve mai essersi imbattuto in Gesualdo Bufalino che diceva: «La mafia sarà vinta da un esercito di maestre elementari». Un esercito di maestrine, non «uno» scrittore. Che, poi, se avesse ragione Lévy, il problema non sarebbe tanto la scorta di Saviano, quanto riorganizzare i servizi segreti europei. Per carità, lasciatela, la scorta a Saviano, non si sa mai. Però dov'era Lévy quando, nel settembre scorso, la toglievano al capitano Ultimo, uno che i mafiosi li arrestava davvero? Non è dato saperlo, ma forse il capitano non passa abbastanza spesso per Parigi... Tralasciamo poi la parte in cui il filosofo francese, che non ha molto chiari i confini dei ruoli istituzionali, propone: «Mario Draghi mobiliti le forze di polizia». Per lui, che una volta scambiò un pensatore immaginario (Jean-Baptiste Botul) per un personaggio reale, da citare nei suoi libri, questa è una quisquilia. Lo è meno che nel resto del pezzo, dopo aver parlato con Saviano e letto La paranza dei bambini descriva l'Italia così: «Queste bande di killer ragazzini... mi ricordano i bambini-soldati incrociati in Angola, ma anche in Sri Lanka». Napoli ha le sue suburre, ma di fronte al paragone, mentre i 500mila morti dell'Angola gridano vendetta, viene da chiedersi quanti libri siano stati necessari a Lévy per perdere il contatto con la realtà... Del resto tratti di delirio si potevano già cogliere nella descrizione dell'attuale compagine di governo italiana (criticata e criticabile): «Odio, nella componente di destra come in quella di sinistra della coalizione...

per tutti quelli che da Giotto a Dante a Pasolini hanno reso l'Italia la vera patria dei pensatori...». Non sappiamo cosa gli abbia detto Saviano, ma noi Salvini e Di Maio che vanno a scalpellare la Cappella degli Scrovegni o che strappano la Divina commedia dalle mani dei bambini non li abbiamo ancora visti.

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