
Conte è apparso fugacemente nella notte, a caos ormai esploso, poi è sparito di nuovo, neanche un tweet, neanche l'ombra di un messaggio di circostanza per dare almeno un segnale di vicinanza alla popolazione allarmata. La fuga di Conte, nella notte del blitz che ha congelato tre quarti del Pil nazionale si aggiunge alla totale assenza del premier, così come dei suoi ministri, dai luoghi più messi in difficoltà dall'epidemia: neanche una visita ai medici in prima linea, neppure una viaggio simbolico a Milano, niente di niente, sparito. Se i leader si vedono nel momento della difficoltà, ieri si è visto che leader sia Giuseppe Conte, e di che pasta siano fatti anche i suoi consiglieri più stretti, dall'ex concorrente del Grande Fratello Rocco Casalino (in queste ore il suo profilo social è bersagliato da centinaia di insulti) a Luigi Di Maio, un altro desaparecido nel momento del bisogno (ieri il ministro grillino twittava sulla parità di genere per l'8 marzo...).
Il premier deve ringraziare la lentezza con cui è stato partorito il decreto, così che lo spettacolo di cui si è reso protagonista sia andato in onda tra le 2 e le 3 del mattino, quindi con poca visibilità. Ma la cronologia delle sue esternazioni racconta perfettamente lo stato confusionale del premier, la figura che in questo momento più di tutti dovrebbe invece trasmettere fermezza e chiarezza nelle decisioni. A iniziare dalla fuga di notizie (partita da chi?) sul blocco della Lombardia e 11 province, che ha preceduto di diverse ore l'annuncio ufficiale del premier. Il quale poi, a notte fonda, è costretto a rincorrere le notizie fuoriuscite sui divieti già di fatto operativi dalla mezzanotte, ma tuttavia non pubblicati sulla Gazzetta ufficiale e pertanto formalmente non operativi. Insomma il totale caos, rispecchiato nella totale confusione sull'interpretazione da dare alle prescrizioni contenute nel decreto. Se è questa la lucidità con cui l'esecutivo affronterà il seguito dell'epidemia, c'è poco da stare sereni.
Finora a Conte è andata sempre bene, è riuscito a restare in sella due anni con due maggioranze diverse, nonostante i pessimi risultati e i record negativi raggiunti (a partire dalla crescita più bassa d'Europa, che diventerà probabilmente recessione nel prossimo trimestre come conseguenza della quarantena per l'area produttiva del paese). Difficile però pensare che la notte di sabato, con la giornata surreale di ieri e la pessima figura del premier, possa passare indenne per il governo. Più che l'8 marzo, si tratta più verosimilmente dell'8 settembre per il Conte bis.
Oltre all'opposizione, iniziano a levarsi richieste di dimissioni altri anche da altre voci. Gli industriali di Padova e Treviso, due zone ad altra concentrazione produttiva messa ora a rischio, chiedono un passo indietro a Conte: «Questo governo ha dimostrato di essere inadeguato a gestire una emergenza di questa portata e di non avere il profilo di autorevolezza indispensabile a garantire la tenuta del nostro Paese e la sua credibilità internazionale. Per il bene di tutti il governo si dimetta, si dia spazio ad un governo istituzionale che si assuma la responsabilità di portare il Paese fuori da questa emergenza», tuona Maria Cristina Piovesana, presidente di Assindustria Venetocentro Padova-Treviso. Anche Matteo Renzi, componente della maggioranza, evoca un commissariamento per il premier: «Ci vuole uno come Guido Bertolaso a dare una mano a Palazzo Chigi in queste ore. Forse ci vuole proprio Guido Bertolaso» scrive il leader di Italia Viva.
Il governo ha dunque le ore contate? Si va davvero verso un esecutivo istituzionale, magari guidato da Mario Draghi (nome gradito anche alla Lega)? Al momento non è un'ipotesi ancora in campo.
Il capo dello Stato non ha la minima intenzione di aggiungere una crisi di governo ad una situazione di emergenza sanitaria del genere. Tutto però dipende da come evolverà la diffusione. E dalle conseguenze economiche sul Pil e sullo spread. A partire dalla reazione dei mercati stamattina.
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