L'allarme di Del Torchio: «Alitalia sta morendo»

L'allarme di Del Torchio: «Alitalia sta morendo»

I sindacati di Alitalia alla fine si sono spaccati sul contratto nazionale e sui prelievi dalle buste paga. Dopo una notte consumata intorno a un unico, lungo, insonne tavolo di trattative; e dopo un incontro del ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, con i tre leader confederali, Raffaele Bonanni (Cisl), Luigi Angeletti (Uil) e Susanna Camusso (Cgil), l'incontro operativo è ripreso in salita verso le 18, frenato dalle intransigenze incrociate. Alla fine il fronte si è rotto: da una parte Cisl e Cgil, che hanno firmato, dall'altra Uil e Ugl che hanno rifiutato. Non si sa ora che cosa accadrà: la manovra aziendale sulle buste paga e il contratto restano sospesi, perché si ritiene che la rappresentatività di Cisl e Cgil, inferiore al 50% dei lavoratori (e comprendente il 15% soltanto dei piloti), renda inapplicabile un contratto che di «collettivo» ha poco.
Poche ore prima, scuotendo la testa, l'ad di Alitalia, Gabriele Del Torchio aveva dichiarato sgomento: «Mentre a Roma si discute, Segunto viene espugnata: l'Alitalia sta morendo, credo che stasera troveremo un accordo». Il dotto riferimento a Tito Livio non è stato smentito. Ora bisogna capire quanto questa nuova grana possa ostacolare l'accordo con la compagnia araba, e come i contrasti possano essere eventualmente ricuciti.
La questione sindacale è ingarbugliata, e cerchiamo di riassumerla nel modo più semplice. Le trattative nelle ultime settimane sono state tre, e questo genera confusione. La più importante riguardava la dolorosa vicenda degli esuberi, chiusa per prima con 954 tagli dagli originari 2.251. È stata sottoscritta da tutte le sigle tranne che dalla Cgil, che ci ha pensato tre giorni prima di dire (mercoledì) il no definitivo; ma la sua defezione non impedisce di procedere perché l'accordo è stato siglato dall'80% dei lavoratori. La seconda vertenza riguarda una riduzione del costo del lavoro di 31 milioni, resa possibile grazie a un prelievo nelle buste paga proporzionato ai livelli di reddito. L'entità originaria era di 48 milioni, e la misura era contenuta nel piano industriale firmato 12 mesi fa da Gabriele Del Torchio. Su questa seconda questione tutte le 7 sigle (le tre confederali, Ugl e le 3 professionali) sono apparse sostanzialmente d'accordo: ma l'intesa è stata legata alla firma del contratto, terza spinosa vertenza: e anche i risparmi, alla fine, sono stati bloccati insieme al contratto.
James Hogan, ceo di Etihad, dettando le condizioni per il suo ingresso in Alitalia, ha chiesto «regole certe» nei rapporti con i dipendenti. Il contratto in Alitalia è scaduto nel 2012 e non è stato rinnovato e parte del fronte sindacale ha colto l'occasione per invocare l'introduzione di un contratto collettivo nazionale di categoria: ed è su tale documento che in queste ore si è discusso, fino alla rottura. Il perché è abbastanza semplice: la Cgil lo vuole perché, rappresentando un gran numero di lavoratori di terra, acquisirebbe più peso; la Uil e le sigle professionali, che hanno per iscritti soprattutto piloti (il 75%) e hostess, non vogliono veder ridimensionata la loro rappresentanza in una logica quantitativa. Si aggiunga che l'interlocutore con cui firmare il contratto collettivo è Assaereo, l'associazione di categoria: ma ad essa è iscritta ormai la sola Alitalia, quindi la dizione «collettivo» è una semplice finzione.
E adesso? «Ci sono seri problemi di legittimità su quello che stanno firmando: non mi pare ci sia il 50% più 1. Noi proporremo il referendum» ha affermato uscendo il segretario generale Uilt, Claudio Tarlazzi, che non ha firmato.

«Non condividiamo le regole, prima bisogna verificare se è valido. Se le cose cambieranno - dice - siamo disponibili alla ripresa del confronto». L'Ugl non ha firmato per la mancanza di unità: «Siamo pronti a una mediazione», ha detto Gildo Rossi.

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