L'altolà di Berlusconi: "Fi non cambia nome. I frazionisti durano poco"

Il leader non teme scissioni e avverte Toti. Sicurezza, assist alla Lega: sì a qualche misura

L'altolà di Berlusconi: "Fi non cambia nome. I frazionisti durano poco"

Non teme una scissione in Forza Italia; non vuole cambiare nome alla sua creatura né tantomeno formare un partito unico tipo Pdl; non crede che Matteo Salvini si alleerà per le europee con il M5S e neppure con i conservatori del Ppe.

Silvio Berlusconi chiarisce la sua interpretazione del quadro politico, nel libro di Bruno Vespa «Rivoluzione. Uomini e retroscena della Terza Repubblica», che uscirà il 7 novembre (Rai Eri Mondadori).

Per il leader azzurro l'alleanza di centrodestra ha dunque ancora un futuro, il rapporto con il Carroccio tiene e Fi deve mantenere la sua identità nella coalizione, senza trasformarsi nella «seconda gamba alleata dei leghisti» che vorrebbe Giovanni Toti.

E proprio al governatore della Liguria Berlusconi risponde, indirettamente: «Quanto a un nuovo partito, non credo ci sia davvero questo rischio. Qualche volta una posizione di continuo dissenso serve a ottenere qualche titolo di giornale, ma la storia di Fi e del centrodestra dimostra che tutti i frazionisti sono durati, politicamente, pochissimo. Vi sono esempi troppo noti perché qualcun altro sia davvero tentato di imitarli».

Il Cavaliere precisa che, così come non vede possibilità di scissione, non ha nessuna intenzione di appoggiare fusioni con la destra di Fdi. «Francamente - spiega - mi sembra difficile mettere insieme le diverse formazioni politiche che fanno parte del centrodestra. I partiti devono mantenere la propria identità, costituire una coalizione per conquistare la maggioranza dei voti per dare vita a un governo di centrodestra». E il suo partito non cambierà nome. «A 25 anni dal suo battesimo, il nome Forza Italia lo troviamo sempre più giusto», dice. L'Altra Italia è solo la definizione di quel mondo di voti dispersi da riconquistare, che il 4 marzo o si è astenuto o ha voluto punire «la politica tradizionale».

La prospettiva del leader azzurro di tornare al governo con il centrodestra si poggia sulla convinzione che presto la Lega romperà il patto con i 5S e farà cadere l'esecutivo gialloverde, «un'armata Brancaleone», in cui l'idea di uno «stato etico», conferma il timore di una «deriva autoritaria».

Per le elezioni europee il Cav non sembra preoccupato da un'alleanza tra i partiti di governo. «Sarebbe - spiega - la continuazione di un matrimonio che l'attuale esperienza di governo ha dimostrato innaturale». E poi, sottolinea, Salvini gli ha dato «l'assicurazione assoluta che per la Lega l'opzione politica del futuro era e rimane il centrodestra». Una coalizione che oggi «conquisterebbe la maggioranza assoluta» e la cui solidità è dimostrata «dal patto rinnovato per le elezioni regionali».

Neanche Berlusconi considera concrete minacce quelle sovraniste in Europa. Per Salvini, dice, sarebbe «difficile» allearsi con la parte conservatrice del Ppe, un partito «fortemente europeista», che però vuole «essere il motore del cambiamento» dell'Ue, per arrivare ad una politica estera e della difesa comuni.

L'opposizione al governo, avverte il Cav, è reale e Fi non voterà provvedimenti dell'attuale maggioranza, «tranne, forse, alcune misure sulla sicurezza, ma devono essere realmente efficaci, non semplici norme manifesto e rispettose dei

diritti dei cittadini».

Su Mediaset, Berlusconi assicura che la scalata dei francesi di Vivendi è stata bloccata e l'azienda «resterà certamente italiana», anzi si espanderà «per essere più competitiva nel mercato globale».

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