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L'amico Boldi: "Per il cinema fu un punto di rottura"

L'amico Boldi: "Per il cinema fu un punto di rottura"

Si appresta a girare Natale da chef, cinepanettone diretto da Neri Parenti, però Massimo Boldi, comico, regista, produttore e autore cinefilo, non è ancora entrato nell'atmosfera spensierata dell'erigendo film. Continua a dispiacersi per la morte di Paolo Villaggio, collega e amico col quale ha lavorato intensamente nella stagione d'oro del nostro cinema. E infatti su Facebook ha postato una foto di sé, che bacia le mani a Villaggio.

Qual è il film che più la lega al ricordo di Villaggio?

«Il primo film che girammo insieme, Il Belpaese, con la regia di Luciano Salce. Correva il 1977 e Paolo, l'anno prima, aveva esordito con Fantozzi. Anche il nostro film aveva un'aura fantozziana e un po' futurista: mostrava ciò che sarebbe stata la nostra società, nel 2000».

E azzeccò il pronostico?

«No, per nulla. Io facevo il nipote drogato di Paolo: un ruolo non esattamente nelle mie corde. Però, siccome al cabaret facevo uno sketch simile... Dicevo: Prometto di non drogarmi più. Domani mi faccio un'altra pera e poi basta».

Da cinefilo: che cosa rappresenta Villaggio, per il cinema italiano?

«Un punto di rottura. Dopo le sue maschere, dal tragico ragionier Fantozzi all'impegnato Le voci della luna, c'era di che montarsi la testa. E invece lui è rimasto un ancoraggio comico e farsesco per le giovani generazioni. La battuta della Corazzata Potëmkin, quale cagata pazzesca, rimane trasversale. Anche oggi, quando nessuno va più al cinema».

Fantozzi dirà ancora qualcosa, tra dieci o vent'anni?

«Difficile dirlo. Sicuramente, con la scomparsa del lavoro e, di conseguenza, delle tragedie esistenziali e sociali intorno ad esso, potrebbe scolorirsi. Oppure, diventare splendidamente vintage. A New York, torme di ventenni vanno a scoprire Chaplin nelle più remote sale cinematografiche di nicchia. Potrebbe accadere lo stesso per i film di Paolo».

Per sdrammatizzare: di che cosa parla Natale da chef?

«D'una tipica storia all'italiana: il protagonista, che sarei io, si crede un grande cuoco e pensa d'aver in mano un mestiere eccelso. Invece è solamente un gran pasticcione, che combina una catastrofe dietro l'altra. Servendo porcherie agli uomini più potenti del mondo, riuniti al G7.

Ci saranno gag in quantità».

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