Landini lancia il partito Fiom. E spacca la sinistra già divisa

L'operazione del leader delle tute blu per provare a federare i partitini rossi: Vendola non ci sta e propone la Boldrini. A Bologna Bersani riunisce la fronda Pd: tante le defezioni

Gran fermento quaresimale a sinistra: a Roma nasce oggi l'aspirante «Podemos» di Maurizio Landini (i più prudenti, consapevoli dell'alto tasso di suicidi a sinistra, l'hanno già soprannominata «Podríamos», coniugando il verbo al condizionale), mentre a Bologna si riunisce la minoranza Pd con Bersani, Epifani, Speranza.

Dei due appuntamenti, è sicuramente il primo ad avere - almeno per gli appassionati del genere - maggior rilievo: in teoria, l'operazione del capo Fiom dovrebbe servire a federare tutti i pezzettini di sinistra, soprattutto quella esterna alle sigle partitiche, per farne uno strumento unico. La cui destinazione d'uso, però, è ancora incerta: Landini si riserva di decidere, nei prossimi anni, se gli servirà come lobby per tentare la scalata al vertice Cgil (che si libererà nel 2018) o per sbarcare in Parlamento. L'unica cosa chiara è che dovrà essere uno strumento anti Renzi: «La politica non è proprietà privata», è il grido di battaglia del sindacalista pronto ad entrare - in un modo o nell'altro - a Palazzo. L'operazione landiniana getta nel panico i partitini della sinistra, Sel in testa, perché nasce scavalcandoli del tutto: il leader Fiom vorrebbe evitare il bis della tragicomica Lista Ingroia, e non vuol saperne delle nomenklature di ex Pci, Rifondazione e Verdi vari. Per questo Vendola prova a reagire buttando in pista una fantomatica leadership di Laura Boldrini (l'unica a crederci per ora è lei), da contrapporre a Landini. Il quale ha ribattezzato la sua creatura «coalizione sociale», per far capire che si tratta di una roba fresca, dinamica ed estranea alle vecchie sigle. Peccato che la compagnia di giro sia la stessa che ha accompagnato (in genere al sepolcro) tutte gli altri esperimenti del genere, e abbia un'età media da pensione di vecchiaia. C'è tutto il giro delle associazioni fiancheggiatrici (Libera, Emergency), c'è l'immancabile Rodotà, c'è un pezzo della (ex?) debenedettiana Libertà e Giustizia con Sandra Bonsanti, ci sono le sibille cumane della svolta autoritaria, tipo Gustavo Zagrebelsky & Barbara Spinelli, c'è il Fatto di Travaglio che - dopo aver sepolto Di Pietro, De Magistris, Ingroia e semi sepolto Grillo - si accinge a dare un mano anche al capo Fiom.

Il problema di Landini (e di tutti quelli che prima di lui ci hanno provato) sarà di tenere insieme una simile batteria di primedonne molto mature, molto capricciose e scarsamente dotate di attrattiva elettorale, e che si detestano tutte l'una con l'altra. Ma il leader Fiom conta molto sul proprio carisma personale, ed è convinto che per ora - senza elezioni alle viste - tanto basti.

A Bologna, invece, va in scena la sinistra Pd, anch'essa - come si conviene - ben divisa e spaccata. È Area riformista ad aver promosso l'evento, la correntona «bersaniana» del Pd. Ma il grosso di quel gruppo sta ormai con il presidente dei deputati Roberto Speranza, che fiancheggia con decisione Renzi e promette: «Non faremo mai nulla che possa mettere in crisi il governo». Posizione assai diversa da quella dello stesso Bersani, che giura di non votare più le riforme del premier, e di quanti puntano a far saltare l'Italicum, e con lui Renzi.

G iornata piena di appuntamenti, quella di ieri, per Matteo Renzi. Con una costante: il «renzicottero», copyright Beppe Grillo.

Il premier di buon mattino era all'Agusta Westland di Vergiate (nella foto ); poi - a bordo di un elicottero - è volato a Villa Cortese, dove ha visitato l'azienda Pietro Carnaghi; quindi, sempre in elicottero, è arrivato al sito Expo di Rho. Dai grillini è arrivata la solita reprimenda: «Il giocattolino ci costa 8.400 euro all'ora». Come dire: anche la (finta) sobrietà ha un prezzo...

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