l'appunto

Comunicare. Per Matteo Renzi, si sa, è un dogma. Tanto dall'essere convinto che quando i sondaggi registrano una certa flessione nel gradimento del governo il problema non sono i contenuti ma, appunto, il modo in cui vengono veicolati. Ne è sicuro al punto che una decina di giorni fa ha riunito i suoi parlamentari nella sede del Pd per una sorta di lectio magistralis ad uso e consumo di coloro che sono adibiti alle varie comparsate tv.

D'altra parte, che Renzi sia un esperto del settore non è un mistero. Anche se con un neo che in questi quasi 18 mesi a Palazzo Chigi è diventato sempre più evidente. Il premier, infatti, ama molto la scena soprattutto quando c'è da celebrare successi e incassare vittorie. Mentre preferisce il retropalco quando c'è da confrontarsi con questioni delicate, magari per nulla vantaggiose sotto il profilo del consenso.

Ieri, l'esempio di scuola. Perché con l'Italia strozzata dalla sindacatocrazia - chiusi gli scavi di Pompei e la galleria Borghese di Roma per due assemblee sindacali (giovedì era toccato al Colosseo) e con Alitalia che cancellava 90 voli - su cosa ha pensato di dire la sua il premier? Ovviamente sull'accordo firmato a Palazzo Chigi per il rilancio della Whirlpool, con tanto di trionfante cinguettio. «Missione compiuta», recita il laconico tweet di Renzi. Che tace, invece, sul rischio che tutti questi scioperi selvaggi possano finire per mettere in crisi il nostro turismo. La stessa strategia, d'altra parte, l'ha usata per gestire le vicende di Roma e della Sicilia sulle quali si è sempre guardato bene dal mettere la faccia. È stato in silenzio per settimane, finché giovedì - intervistato dal Tg5 e interpellato sulla vicenda - se l'è cavata con una risposta piuttosto democristiana: «Se sono in grado di governare governino, sennò vadano a casa». Una parola definitiva, insomma, preferisce non dirla.

Più facile mandare avanti i suoi, i cosiddetti «dichiaranti» che intervengono sulle diverse questioni proprio su sollecitazione diretta di Renzi. Basta un messaggio via whatsapp e il gioco è fatto. Matteo ufficialmente non ci mette la faccia, ma la linea del leader è messa nero su bianco. Un po' lo stesso principio di alcuni retroscena che vengono attentamente veicolati a sera dagli uomini della comunicazione di Palazzo Chigi. È il cosiddetto storytelling renziano.

Le cronache di un premier che ama esserci quando c'è da prendere applausi e che si sfila quando il gioco si fa duro. Se lo ricordano bene in Liguria, dove Renzi preferì non andare nei giorni dell'alluvione dello scorso ottobre proprio per evitare fischi e contestazioni. E Giovanni Toti, neogovernatore ligure, ancora ringrazia.

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