Roma Presidente Renato Brunetta, a un anno dal sisma il gruppo di Forza Italia della Camera presenta un dossier sul flop del governo. Qual è la principale differenza rispetto al post-terremoto de L'Aquila?
«Tra centrodestra e centrosinistra c'è un abisso di cultura politica e senso di responsabilità. Il confronto tra le due situazioni dà la misura di quanto la nostra sinistra sia incapace di governare e di essere istituzione. E lo dico con amarezza e dolore».
Registra una sorta di differenza antropologica?
«Dico che in occasione del sisma de L'Aquila venne creato ad arte un clima feroce, dai politici, dai comici, dalle star sinistre della satira, dai cinematografari mantenuti dallo Stato, dai giornalisti condizionati dai loro editori. Senza senso di responsabilità e soprattutto evitando rigorosamente di guardare la realtà, all'insegna del tanto peggio tanto meglio».
Un esempio?
«A un anno dal terremoto in Centro Italia sono state rimosse l'8% delle macerie. Dove è stata in questi 12 mesi Sabina Guzzanti? E la sinistra delle carriole che protestava per le macerie de L'Aquila? E i sindaci di allora? Ricordo Cialente, sindaco Pd, che di fronte all'impegno assoluto di Berlusconi e del suo governo, di ogni singolo ministro, sputava giudizi spaventosi, pieni di disprezzo, così come la Pezzopane, presidente Pd della Provincia. Noi in un anno non abbiamo mai cavalcato il loro fallimento. Anzi, con senso di responsabilità abbiamo dato una mano. La logica del tanto peggio, tanto meglio non appartiene a Forza Italia, alla Lega, a Fratelli d'Italia, e a tutto il centrodestra».
Nel sentimento popolare c'è una rivalutazione del lavoro svolto a L'Aquila?
«La prima rivalutazione l'hanno fatta i cittadini de L'Aquila eleggendo un bravissimo sindaco di centrodestra, ma nel tempo tutti stanno riconoscendo l'enormità del lavoro fatto. Il problema è che è stata azzerata la genialità e la capacità di leadership di Bertolaso e si è lasciata una Protezione Civile distrutta e acefala. È stata smontata la catena di comando. Si è proceduto con il commissariamento di Errani per fini politici con risultati pessimi, il tutto in un'ottica burocratica di interessi economici e di potere. Si è molto parlato di chi rideva al telefono nel 2009, atteggiamento giustamente criminalizzato. Ma nessuno ha mai parlato dello spaventoso conflitto di interessi tra cooperative rosse, Pd, e associazionismo di sinistra: forse non ridevano, ma sono penetrati in tutti i gangli delle commesse, tra terremoto ed emergenza migranti».
La gestione in deroga fu la grande accusa al modello de L'Aquila.
«Il primo obiettivo è rispondere ai bisogni delle persone e con le deroghe si fa questo. Inoltre negli esiti finali delle inchieste troviamo sorprese e pugni di mosche. Come il processo agli scienziati che non avevano previsto il terremoto che ci ha ridicolizzato in tutto il mondo. Di fronte al deserto burocratico e agli imbrogli lessicali di Renzi e Gentiloni mi viene da scappare via, mentre con Bertolaso mi sentivo sicuro. Il tempo, fortunatamente, è galantuomo».
Il modello L'Aquila avrebbe potuto funzionare ad Amatrice?
«Nessuno ha la bacchetta magica, ma al confronto quella de L'Aquila fu una pagina di straordinaria etica politica e io dico: ridateci Berlusconi, Gianni Letta, Bertolaso e la sua Protezione Civile».
Lei invoca quella leadership ma il centrodestra unito è ancora una chimera.
«Il centrodestra unito lo vuole la gente che
ci dice: mi raccomando mandateli a casa, mi raccomando l'unità. Alla fine bypasseremo il teatrino. Abbiamo il dovere di vincere anche per ripristinare uno stile di governo che metta al centro l'interesse reale del Paese».
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