Buglioni, il vino che si è fatto da sé

La cantina della Valpolicella nata nel 1993 dall’ostinazione di un imprenditore della moda convertito alla viticoltura dimostra che dall’amore per il territorio possono nascere anche ottimi vini “senza storia”. La conduzione è dal 2019 integralmente biologica e lo stile quello di vini da tutti i giorni ma mai banali. L’Amarone naturalmente resta il centro del progetto ma sono notevoli anche il Valpolicella Classico (I’m) perfetto e il Trebbiano di Lugana Gabriella

Mariano Buglioni
Mariano Buglioni
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Certe storie iniziano per caso. Altre per ostinazione. Quella della cantina Buglioni comincia con uno sguardo quotidiano: Alfredo Buglioni, imprenditore nel mondo della moda, passa ogni giorno davanti a un vecchio casale nella Valpolicella. Un sogno con le persiane chiuse. Finché nel 1993 decide di acquistarlo. Con lui c’è il figlio Mariano, e l’idea – un po’ folle, un po’ romantica – di abbandonare il fashion per fare vino. Il terreno attorno alla casa conta 3,5 ettari di vigneto con varietà locali: Corvina, Corvinone, Rondinella e Molinara. Nessuna esperienza, ma molto entusiasmo. Chiamano amici e collaboratori per vendemmiare in cambio di lezioni sul campo. Nel 2000 nasce la cantina vera e propria, scavata sotto il rustico.

Buglioni, Alfredo Buglioni
Alfredo Buglioni


Alla guida, un giovanissimo enologo: Diego Bertoni, classe 1979, originario della Valpolicella, oggi ancora al timone tecnico. Il primo Amarone Buglioni esce nel 2004. Il problema, però, è venderlo. Nessun ristoratore veronese vuole scommettere su quei vini “senza storia”. Allora Alfredo e Mariano rovesciano il tavolo: nel 2005 aprono nel centro di Verona l’Osteria del Bugiardo, enoteca che serve solo i loro vini. Un colpo di genio. L’idea funziona, piace. Non solo per la qualità dei calici, ma per l’atmosfera: conviviale, calda, autentica. «L’Osteria è un posto dove entri da solo ed esci con cinque amici», dice Mariano. Il vino, qui, è al centro di un’esperienza, non solo sul tavolo. Buglioni oggi produce 320.000 bottiglie l’anno, 50.000 delle quali si bevono direttamente nei ristoranti e locali della famiglia. Una formula che ha reso il vino un’estensione del brand, e l’ospitalità una leva commerciale potente.

Buglioni, la vendemmia


Ma la sostanza, prima del contorno, è in vigna. Sessanta ettari tra Valpolicella, Lugana e Bardolino, tutti di proprietà e coltivati direttamente. In Valpolicella Classica si lavora con uve tradizionali, ma anche con varietà “minori” come Oseleta e Croatina. La pergola doppia resiste, così come la raccolta esclusivamente manuale. Dal 2015 si è allargato il raggio: 5 ettari a Lugana e altri 5 nel Bardolino, con l’intento di esplorare anche il versante bianco. Dal 2019 tutti i vigneti sono a conduzione biologica: le uve sono coltivate senza utilizzo di agenti chimici e con pratiche di cura della pianta volte a tutelarne il naturale sviluppo, con attenzione al suolo in cui è inserita e ottimizzando l’apporto idrico necessario. «Vivendo tra i vigneti – spiega Mariano Buglioni – mi è sembrato ovvio iniziare a utilizzare solo prodotti che non avessero alcun impatto sulla salute della mia famiglia e di chi lavora qui». Un impegno verso la Terra che l’azienda porta avanti nel rispetto di un modello di sviluppo sostenibile, basato sulla salvaguardia della pianta, sul rispetto del territorio in cui cresce e della salute di chi la vive e la lavora.

Una scelta naturale e dovuta, non un'iniziativa commerciale o di marketing Lo stile? Vini accessibili ma mai scontati. La cantina punta su etichette “da tutti i giorni” che non rinunciano a corpo, identità e personalità.

Buglioni, la bottaia

L’Amarone resta centrale, ma si lavora per renderlo meno ingessato. Parallelamente, si sperimentano metodi alternativi di affinamento, dal cemento all’anfora, e si dà nuova dignità a vitigni dimenticati: la Molinara, ad esempio, esclusa dai disciplinari ma protagonista di un Metodo Classico (Molì) e di un rosé frizzante (Il Vigliacco). Io ho provato (I’m)perfetto, un Valpolicella Classico Doc Superiore nell’edizione 2022, frutto dell’assemblaggio di uve fresche (che macerano per dieci giorni) e uve passite che macerano per 20 mesi. Il vino fa 20 mesi in cantina, di cui 6/8 mesi in botti grandi di rovere e il resto in bottiglia. Un vino compleaao e al contempo informale, che appare differente a ogni sorso. Naso di piccoli frutti rossi, spezie, aromi tostati e con una scia balsamica e bocca fresca e croccante, estremamente complessa e di buona persistenza. Gabriella è invece un Trebbiano di Lugana Doc che nell’annata 2024 esibisce un naso di fiori, elba appena falciata, ftutta bianca matura e agrumi e in bocca è equilibrato, fresco e delicato ma con bei guizzi di personalità. «Il vero prodotto non è solo il vino – spiega Mariano – ma l’esperienza, l’energia, l’appartenenza». Buglioni vende bottiglie, ma soprattutto vende una visione: quella di una Valpolicella moderna, libera, ancora profondamente legata alla terra, ma pronta a parlare un linguaggio contemporaneo.

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