L'Arabia Saudita combatte le femministe: "Carcere e frustate", poi fa marcia indietro

Punibili per "estremismo". Ma dopo le polemiche, la smentita: "Un errore"

L'Arabia Saudita combatte le femministe: "Carcere e frustate", poi fa marcia indietro

Altro che svolta per i diritti delle donne. Come se non bastasse il pugno di ferro contro omosessualità e ateismo, per i quali si rischia la pena di morte, l'Arabia Saudita annuncia che anche il femminismo è ormai nella lista nera delle forme di estremismo, «punibile con il carcere e le frustate». Salvo poi avvitarsi in una inverosimile smentita quando si accorge che la mossa si rivela un danno all'immagine riformista che il Paese vuole dare di sé sulla scena mondiale.

«Non dimenticate che gli eccessi di ogni genere, a spese della madrepatria, sono considerati estremismo», recita in arabo la voce del video postato su Twitter, chiamato a riferire i contenuti di un comunicato diramato dal Dipartimento per la lotta all'estremismo e pubblicato in Rete dall'account della Presidenza saudita per la Sicurezza di Stato. In tutto sono una quarantina le idee e i costumi perseguibili citati, tra cui non solo la pornografia e gli insulti al clero, ma pure l'occidentalizzazione, le domande sospettose, il fanatismo sportivo e il fumoso concetto del «rigetto della realtà».

La lista dei «comportamenti estremi punibili», in cui anche il «femminismo e le idee femministe» finiscono al rogo, scatena lo sdegno di chi da tempo combatte il regime e la sua ipocrisia. La legge «deve essere stata partorita dalla mente di un nomade del settimo secolo», scrive dalla Germania, dove vive da rifugiato, l'attivista saudita Taleb al-Abdulmohsen. «Grattando via la patina di progresso di Mohamed bin Salman, si rivela il volto intollerante del regno, che criminalizza l'identità delle persone e le idee progressiste» spiega Heba Morayef, direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente. Reazioni talmente dure da parte di attivisti e associazioni per i diritti umani, che alla fine il regime è costretto a imbarcarsi in un'imbarazzante retromarcia. A quattro giorni dall'annuncio, il Dipartimento antiterrorismo cancella il tweet (ma il video è ancora disponibile su Youtube) e il capo della Sicurezza di Stato parla di «errore», addita chi ha realizzato male il filmato e annuncia l'apertura di un'inchiesta.

Le autorità della monarchia, in cui l'interpretazione dell'islam più radicale è fonte del diritto e dove le libertà sono una chimera (vietati i partiti politici e le manifestazioni) si accorgono in poche ore che la mossa rischia di rivelarsi un clamoroso autogol contro il riformismo, non solo economico, lanciato dal principe ereditario Mohamed bin Salman. La modernizzazione del Paese, che ha l'obiettivo di attrarre investimenti stranieri, sta passando apparentemente anche da una serie di aperture nei confronti delle donne, dall'abolizione del divieto di guida, all'apertura al turismo straniero femminile, ora ammesso per chi viaggia da sola. Perciò scatta la retromarcia.

Ma la preoccupazione di vittime ed esuli resta: «La mossa sembra un chiaro avvertimento a chi si batte per l'avanzamento dei diritti di gay, atei e

donne nel Paese». Era già successo prima dell'abolizione del divieto di guida per le donne. Tredici attiviste arrestate e ancora in carcere, per dare un monito a tutti. Le riforme sì, ma solo come e quando decide il regime.

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