Otto mesi alla resa dei conti e, davanti, una corsa alla cieca al termine della quale, salvo scenari imprevedibili, le formazioni preferite da populisti ed euroscettici non riusciranno a strappare le redini della Ue ai seppur ridimensionati partiti europeisti. I sondaggi per ora parlano chiaro. Sulla base di quanto dimostra anche il voto svedese i gruppi anti-europei registrano un inesorabile e costante ascesa, ma hanno poche speranze di ribaltare lo «status quo».
Partiamo innanzitutto dai numeri totali. Dopo le elezioni del prossimo maggio il Parlamento europeo segnato dall'addio della Gran Bretagna non conterà più 751 seggi, ma soltanto 705 suddivisi tra 27 nazioni anziché 28. Anche in questo contesto, numericamente ridotto, la clamorosa crescita di Lega e 5 Stelle in Italia, un bottino dell'AfD superiore al 16 per cento sul fronte tedesco e il 19 per cento assegnato Oltralpe a Marine Le Pen non garantiscono al fronte populista un incremento superiore ai 39/40 seggi. Certo non sono noccioline, ma non si tratta complici anche le divisioni interne - di risultati risolutivi. I 17 seggi in più portati in dote dalla Lega andranno al gruppo dell'Enf (Europa delle Nazioni e delle Libertà) mentre quelli conquistati dal Movimento Cinque Stelle e dall'AfD tedesca verranno introitati all'Efdd (Europa delle Liberta della Democrazia Diretta). Quell'apporto verrà però largamente compensato dalla scomparsa dell'Ukip, la formazione britannica uscito paradossalmente di scena in virtù di quel trionfo euroscettico chiamato Brexit. A quel punto l'Enp di Salvini e Marine Le Pen conterebbe su 59 voti. L' Efdd si ritroverebbe con 45 rappresentanti, ovvero due in meno di adesso.
La vera differenza la può fare però il tentato suicidio dei partiti europeisti programmato già per domani. Fra 24 ore il Parlamento Europeo deciderà, infatti, se l'Ungheria, guidata dal premier Viktor Orbàn, abbia infranto l'articolo 7 del Trattato calpestando lo stato di diritto. Un'eventuale messa sotto accusa del governo di Budapest, votata da due terzi dei parlamentari europei, spingerebbe inevitabilmente i membri di Fidesz, il partito di Orbàn, ad abbandonare quel partito Popolare in cui convivono oggi la Cdu di Angela Merkel, Forza Italia di Silvio Berlusconi (intenzionata a votare contro le sanzioni all'Ungheria), popolari spagnoli e repubblicani francesi. Una defezione seguita dalla probabile adesione dei suoi parlamentari europei allo schieramento populista ed euroscettico. La dabbenaggine dell'intransigenza europeista sembra aver poche speranze di prevalere di fronte al pragmatismo di quanti, come Forza Italia, voteranno contro la messa sotto accusa dell'Ungheria.
Se però la smania suicida prevalesse i numeri cambierebbero. E non di poco. Il partito populista, già ridimensionato dai sondaggi che gli attribuiscono nella nuova legislatura solo 188 seggi degli attuali 221 seggi, dovrebbe rinunciare ai voti di Fidesz saliti, a quel punto, da 12 a 14. I popolari si ritroverebbero quindi a veleggiare intorno a quota 174. Ma a fare la differenza sarebbe soprattutto il senso di contrapposizione capace di spingere sia Fidesz, sia altri gruppi euroscettici a riconoscersi in quel grande «Movimento» populista teorizzato dallo stratega americano Steve Bannon e guidato da Matteo Salvini. Un senso di contrapposizione capace di spingere ancor più elettori indecisi dalla loro parte.
Il guaio più grave sarebbe però la sostanziale mancanza di maggioranze all'interno del nuovo Parlamento Europeo. I 174 deputati popolari dovrebbero infatti vedersela con l'incognita dei circa 29 deputati attribuiti dai sondaggi alla «France En Marche» di Emmanuel Macron. Il dato è seriamente ipotetico visto il costante calo di popolarità di un presidente detestato ormai da due francesi su tre, ma va comunque valutato. Se la formazione di Macron , assente alle precedenti elezioni, riuscirà ad arginare l'attuale emorragia di consensi e deciderà di schierarsi con i socialisti europei (S&D) allora quei 29 deputati andrebbero a far blocco unico con i 147 della sinistra moderata. A quel punto l'attuale egemonia del blocco popolare sarebbe seriamente compromessa.
Ma una Commissione figlia di una «grande coalizione» tra Popolari e Socialisti condannerebbe l'Europa ad una nuova inevitabile politica del compromesso. E renderebbe praticamente impossibile una riforma delle istituzioni europee capace di sanare il malcontento populista.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.